venerdì 20 maggio 2011

IN CHI RIFUGIARSI


" Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?
"
(Salmo 27,1)

Questo salmo ci parla di un luogo dove Davide, desiderava potersi rifugiare per scampare ai nemici, alle angosce, in effetti, il termine rifugio significa: "Luogo di scampo, luogo di riposo o di protezione" e nel suo caso questo luogo era la "casa di Dio".
Meditando su questo significato, però, non ho potuto fare a meno di pensare alla morte, o meglio a coloro che, braccati dai loro inseguitori: problemi: "Malattie, tradimenti, ingiustizie, oppressioni", alla fine stanchi, esausti, depressi e delusi, per assurdo cercano rifugio (scampo, riposo e protezione), nella morte.

Casi limite, potrà dire qualcuno, ma sempre più frequenti, e ci danno la misura del dolore e della sofferenza, che alcune persone vivono intimamente, angosce così insopportabili da indurre a cercare scampo nell'oblio della morte, pensando di trovare finalmente la pace.
Non voglio esprimere facili giudizi nei confronti di nessuno, specialmente di coloro che soffrono, ma prestiamo attenzione perché anche in questo caso la Parola di Dio c'insegna qualche cosa, essa, non afferma che tutti i morti saranno per forza beati, ma solo coloro che durante la loro vita hanno accettato Gesù Cristo come loro Signore e ne hanno fatto il loro rifugio e il loro Salvatore, "Beati coloro che muoiono nel Signore!".
Vi sono anche persone che però non arrivano all'estremo limite del ricercare nella morte un luogo di scampo, ma si rifugiano a volte nell'alcool, nella droga, e chissà quante altre cose, lecite e meno lecite l'uomo è capace di inventare o di escogitare, illudendosi di scampare alle avversità, al peso delle responsabilità, alle sofferenze, l'anima stanca reclama e grida: "Ho bisogno di un rifugio!"   


I Rifugi umani:


"Guai a quanti scendono in Egitto per cercar aiuto,
e pongono la speranza nei cavalli,
confidano nei carri perché numerosi
e sulla cavalleria perché molto potente,
senza guardare al Santo di Israele
e senza cercare il Signore.
"(Isaia 31,1)

La vita d'ogni giorno ci mette di fronte ad una vasta gamma di problemi, con i quali dobbiamo inevitabilmente confrontarci, le avversità, malattie, problemi di lavoro, sofferenze spirituali, nascono ansie e paure a volte incontrollabili, ci troviamo a ripetere le parole del Salmo 55,5-7
Dentro di me freme il mio cuore,
piombano su di me terrori di morte.
Timore e spavento mi invadono
e lo sgomento mi opprime.
Dico: «Chi mi darà ali come di colomba,
per volare e trovare riposo?
, e quando ci troviamo in queste condizioni, quale rifugio ricerchiamo? Spesso questo rifugio è formato solo ed esclusivamente di risorse umane:

La nostra buona volontà

E' il tipico atteggiamento di chi ha molta fiducia in se stesso. Sono coloro che cercano di reagire con le proprie forze, s'inventano mille soluzioni, stringono eroicamente i denti, alla fine stanchi anche loro a volte sono costretti a cedere.

L'aiuto del prossimo

Mi riferisco a coloro che avendo perso la fiducia in se stessi si rivolgono sempre agli altri, cercano rifugio nell'amico, nel fratello nella sorella, sperano di trovare forza e convinzione per vincere i loro problemi nelle capacità e nei consigli d'altri uomini.

L'autocommiserazione

Anche il vittimismo, chiudersi in se stessi avvolti nei propri pensieri, schiacciati dal peso dei problemi, può a volte diventare un rifugio, c'isoliamo, cerchiamo di proteggerci, per difenderci dal pericolo di dover affrontare l'ennesima, umiliante battaglia.

La religione

Nella sofferenza, ci si sente spinti a cercare un contatto con Dio, per trovare le forze la consolazione, ma il più delle volte si parte dal presupposto di ciò che noi dobbiamo fare per Dio, al posto di credere che Dio vuole fare qualche cosa per noi. Il rifugio allora diventa: cerimonie, difficili quanto inutili pratiche religiose, sacrifici e fioretti. Nel migliore dei casi nasce l'eroica convinzione che più sopportiamo le sofferenze, maggiore sarà la probabilità di entrare in contatto con Dio, e forse un giorno nel regno dei cieli.


Dio non gradisce simili atteggiamenti, e ci mette in guardia dal confidare nelle nostre risorse, che inevitabilmente risulteranno essere "rifugi" inefficaci. Il re Ezechia, consapevole di dover affrontare un nemico potente, prima di rivolgersi a Dio, cercò aiuto alleandosi con l'Egitto, ma al momento della difficoltà quest'alleanza si rivelò essere "Una canna rotta che penetra la mano di chi vi si appoggia, e gliela fora."(II Re 18,19-21). Nella Sacra Scrittura il Signore condanna con fermezza questo tipo di comportamento, (cfr.Isaia 31,1). 

"Guai a quanti scendono in Egitto per cercar aiuto,
e pongono la speranza nei cavalli,
confidano nei carri perché numerosi
e sulla cavalleria perché molto potente,
senza guardare al Santo di Israele
e senza cercare il Signore.

Le false teorie sul rifugiarsi in Dio 


Se le risorse dell'uomo non sono un rifugio sicuro, perché allora non rivolgersi a Dio? Molti lo fanno a causa dei loro problemi, spinti dall' urgente necessità, ma presto si arrendono perché non ottengono ciò che vogliono, si arrabbiano con Dio e ritornano a disperarsi, ma il problema non è in Dio, ma in coloro che hanno frainteso il significato e lo scopo del rifugiarsi in Dio, in modo particolare su due punti:

Credere che Dio ci liberi dalle conseguenze dei nostri peccati e delle nostre scelte sbagliate


Non possiamo assolutamente pensare che Dio ci possa proteggere, liberare, se da parte nostra continuiamo a vivere nella disubbidienza e nel peccato. Il peccato di per se stesso genera sempre delle conseguenze spiacevoli, consideriamo invece il fatto che ubbidire saggiamente alla Parola di Dio ci può aiutare a scampare da determinati problemi, preoccupazioni e ansie,( Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa: perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra. E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina del Signore.

Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, con semplicità di spirito, come a Cristo, e non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, compiendo la volontà di Dio di cuore, prestando servizio di buona voglia come al Signore e non come a uomini. Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo sia libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene.

Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che per loro come per voi c'è un solo Signore nel cielo, e che non v'è preferenza di persone presso di lui.
)
 (cfr.Efesini 6,1-9), quello che ci viene proposto in questi versetti lo possiamo fare, è la nostra parte di responsabilità, ed è garanzia di serenità e prosperità spirituale, ci sono però delle battaglie che potremo vincere solo ed esclusivamente con l'aiuto e la protezione di Dio, "Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza..."              ( Efesini 6,10).

Pensare che il cammino di un cristiano sia privo di problemi


"Rifugiarsi in Dio", non equivale all'avere stipulato una polizza assicurativa, il fatto che Dio ci possa proteggere, che veglia su di noi, non significa però, che non sperimenteremo più la malattia, la sofferenza, che non dovremo più incontrare difficoltà e problemi, Dio non ha creato una razza nuova di super uomini, ma ha fatto di coloro che credono nel suo Figlio Gesù Cristo, delle nuove creature, che per l'incessante azione dello Spirito Santo, vivono, ubbidiscono alla sua Parola e camminano per fede, "giorno e notte", quando c'è il sole, e anche quando c'è la tempesta, avendo la costante consolazione e speranza di una meta gloriosa già preparata per ogni credente vincitore in Cristo, e con la certezza ben radicata nel cuore dallo Spirito Santo, di essere un figlio del Dio vivente e vero, qualunque sia la situazione che stiamo vivendo.

"La casa del Signore", il vero e unico rifugio sicuro



Cosa significa "dimorare nella casa del Signore?" Non è autoconvinzione, così come non si tratta di fare esaltanti proclamazioni di fede, non sono scaramantiche dichiarazioni buttate lì a caso, per convincere noi stessi e il nemico che noi siamo dalla parte di Dio, non si tratta del nostro rifugio, ma del rifugio di Dio, non lo dobbiamo costruire noi, ma esiste già, noi ci dobbiamo entrare e dimorare. Essere nel rifugio di Dio significa essere in una posizione diversa, prima eravamo esposti al pericolo, vulnerabili di fronte al nemico, ora siamo al coperto in un luogo sicuro, questo però non vuol dire che le circostanze di fuori siano obbligatoriamente cambiate, io sono convinto che Dio vuole essere per noi "un rifugio e una forza, un'aiuto sempre pronto nelle difficoltà ", e che noi possiamo per grazia usufruire di questa protezione, ma se consideriamo lo scopo di un rifugio, dobbiamo anche considerare che non è creato per far cessare i bombardamenti in caso di guerra, o di fermare o fare cessare le intemperie, ma lo scopo è quello di proteggere dalle conseguenze. Dio ci ha posto "in Cristo", il nemico potrà attaccarci, ma in Cristo siamo più che vincitori, ci potrà accusare, ma in Cristo siamo giustificati, potrà ruggire per spaventarci, ma noi possiamo resistergli stando fermi nella fede, forse a volte subiremo le conseguenze fisiche e materiali degli attacchi del nemico, e del peccato che ci circonda, ma spiritualmente non ci può vincere, e nulla e nessuno potrà mai separarci dall'amore di Dio. Consideriamo ora la struttura portante di questo rifugio, affinché possiamo entrarci, ripararci e restarci, e riposarci con fiducia,
(Poiché dice il Signore Dio, il Santo di Israele:
«Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza,
nell'abbandono confidente sta la vostra forza».

 
cfr.Isaia 30,15).

Prima d'ogni altra cosa consideriamo cosa vi è scritto sulla porta:


"Ogni cosa coopera al bene di coloro che amano Dio".


 E' così difficile crederlo fino a quando stiamo all'esterno di questa porta, come poteva Asaf, autore del Salmo 73, credere in un Dio giusto, buono e amorevole, se tutte le cose funzionavano al rovescio, coloro che ubbidivano e temevano Dio, erano oppressi, maltrattati e umiliati, aggiungiamo pure malati e poveri, mentre coloro che vivevano come se Dio non esistesse, prosperavano, erano ricchi e sani, "ma quale Dio...", dicono ancora oggi, come anche Asaf, che era in difficoltà di fronte ad una simile contraddizione, tutto questo fino al momento che Dio stesso non gli fece vedere le cose da una prospettiva diversa, è entrato nel rifugio di Dio, e da lì ha potuto considerare la fine di queste persone! Fino a quando resteremo fuori dal rifugio di Dio, non solo resteremo vulnerabili, ma ci sarà impossibile comprendere il pensiero di Dio, e quand'anche i piani e il modo di agire, dettati dall'infinita sapienza di Dio rimangano per noi una visione appannata e frammentaria, sarà sicuramente cosa migliore accettare il riparo sicuro "In Cristo", il luogo santissimo, il segreto del Suo padiglione, la Roccia elevata, piuttosto che perderci nelle nostre contraddizioni, questo rifugio ha una struttura particolare:

L'amore di Dio 


" Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?"(Romani 8,31)

Quando entriamo in questo rifugio siamo circondati dall'amore di Dio, un amore tenero e forte, tenace, che non si è fermato di fronte alle barriere della nostra malvagità, un amore che è costante nel tempo, un amore eterno, che non è stato promosso dalla nostra amabilità, e non sussiste per la nostra giustizia, ma per la volontà di Dio, il quale desidera amarci per la nostra felicità, per il nostro bene. Mi chiedo però se abbiamo ben compreso cosa significhi l'amore di Dio.
Quando parliamo di questo amore facciamo attenzione, perché non stiamo parlando di un nobile sentimento in virtù del quale l'uomo si dispone a fare qualunque cosa pur di vedere l'altro soddisfatto e contento, senza curarsi però del bene, dell'educazione morale e spirituale della persona amata. Cosa pensereste di un padre che per amore nei riguardi del figlio, per vederlo sorridere felice e contento lo riempie di regali, ma nello stesso tempo si disinteressa delle sue condizioni morali, lo lascia crescere indisciplinato, desiste dal correggerlo per non offenderlo, per paura di renderlo infelice, sicuramente mi direste che questo non è amore.
Dio non si comporta così con i suoi figli, il suo scopo e di farci felici, ma sa anche che la felicità non consiste nel riempirci di regali, permettendo che cresciamo indisciplinati, Dio non ci darà nulla che possa procurarci del male, né cose che non siano necessarie alla nostra maturazione spirituale, affinché noi possiamo entrare nella vita eterna, il Suo amore desidera il meglio per noi, perchè  ci vuole portare alla perfetta statura di Cristo, a volte questo ci spaventa, ma è il vero amore di Dio!  
"Colui che ha cominciato un'opera buona in voi, per certo la porterà a compimento".


In quel rifugio sentiremo la testimonianza di Paolo, il quale era consapevole della potenza di Dio che operava in lui, ma sapeva che questo "tesoro era in vasi di terra", lo sentiremo con grande fiducia proclamare la fedeltà di Dio, "Poiché noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti allo stremo, perplessi, ma non disperati, siamo perseguitati, ma non abbandonati, abbattuti ma non uccisi, portiamo sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti in noi". Siamo circondati da tanti testimoni, e incoraggiati dalle meravigliose esperienze di coloro che hanno camminato con il Signore prima di noi. E cosa dovremmo dire delle nostre esperienze passate, quante volte il Signore è stato un potente liberatore, quante volte in passato ci ha consolato e cullato nel suo rifugio. Mi domando perché a volte ci ritroviamo a pensare che Dio ci abbia abbandonato, quando Egli stesso ci ha promesso di essere con noi tutti i giorni della nostra vita. Non dipenderà forse dal fatto che, a volte, cerchiamo di strumentalizzare la fedeltà di Dio, e, per tanto, ci sentiamo autorizzati a pensare che Dio sia costretto a fare tutto quello che noi gli chiediamo, e quando questo non accade siamo delusi?

La grazia di Dio


" Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore"
(Ebrei 7,25)


La grazia di Dio è un rifugio sicuro contro gli attacchi del nemico, contro le sue accuse diffamatorie, che ci avviliscono e ci privano della forza e della dignità, "a che ti serve pregare, tanto il Signore se non ti risponde a causa dei tuoi peccati, come puoi lodare il Signore con i tuoi fratelli se ancora oggi hai commesso quella azione così meschina, a cosa ti serve continuare a camminare con Dio, se tanto sei sempre lo stesso...", queste sono le insidie del diavolo, ma nel rifugio di Dio possiamo contemplare la Grazia di Dio in Cristo Gesù, "il quale c'è stato fatto da Dio sapienza giustizia santificazione e redenzione". Siamo peccatori, è una realtà, e questo non significa che possiamo giustificare la nostra condizione, ma non potremmo cercare di reagire alle accuse del nemico fornendogli delle buone argomentazioni sulla nostra buona condotta, saremo sconfitti e sempre delusi di noi stessi. Sei stanco degli attacchi e delle accuse del nemico, entra nel rifugio della Grazia, contempla e vinci per  Gesù.

Come entrare nel rifugio:


Questa è la parte che compete a noi, tenendo in considerazione che non ci si entra automaticamente, o d'ufficio come si usa dire, ma è necessaria la nostra collaborazione.

Il desiderio. "una cosa ho chiesto..."


Non dobbiamo permettere ai nostri problemi di impedirci di cercare rifugio in Dio, qualunque sia la difficoltà, la prova, il combattimento, una cosa chiediamo al Signore, prima ancora della guarigione della liberazione, chiediamo di dimorare nella Sua casa, alla Sua presenza! Chiediamo a Gesù, come fece Pietro, di poter camminare sulle acque, in mezzo alle onde e alla tempesta, e di raggiungerlo: "Signore, se sei tu, comandami di venire da te sulle acque!"

La fede


 
"Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno. "(Ebrei 4,15-16)

Dobbiamo credere che quella porta è sempre aperta, e che li troveremo "soccorso al momento opportuno", non possiamo avere dubbi, perché è Dio stesso che c'invita.

La preghiera


"Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù.."
(Filippesi 4,6-7)

Il consiglio di Paolo è di togliere la nostra concentrazione dal problema in se stesso e affidarlo al Signore, ed ecco che potremo entrare nella pace di Dio, nota bene, non dice che avremo semplicemente un senso di pace e di sollievo, ma che la pace di Dio custodirà i nostri cuori, significa che saremo avvolti, circondati dalla pace di Dio.


Vuoi avere una vita vittoriosa? Entra nel rifugio, non guardare alle circostanze attorno a te, non cercare di cambiare le circostanze attorno a te, ma entra alla presenza di Dio, e lascia che sia Lui a cambiare te. Vuoi essere vincitore, togli il problema dal centro dei tuoi pensieri e della tua attenzione, e sostituiscilo con l'amore, la fedeltà, la grazia di Dio, "Tutte le cose onorevoli, le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui c'è qualche virtù e qualche lode siano oggetto dei vostri pensieri... e il Dio della pace sarà con voi", forse per il momento il tuo problema non si risolverà, vedrai ancora attorno a te cose che ti sconvolgono, che ti feriscono, che ti spaventano, ma fai come Abacuc, lui sapeva che doveva affrontare tempi difficili, ma sapeva anche in chi rifugiarsi ed era sicuro di trovare conforto e forza.
 
Il Signore Dio è la mia forza,
egli rende i miei piedi come quelli delle cerve
e sulle alture mi fa camminare.”

(Abacuc 3,19)

La donna nella storia della cultura ebraica



La nostra cultura è segnata, come ogni cultura, dalla “mano della donna” anche se non tutti sono disposti a mettere in rilievo tale fatto e a volerlo evidenziare: ma comunque resta nel profondo della storia umana tale segno particolare.
La donna segna in modo incisivo la storia dell’umanità, e non si può prescindere da questo dato di fatto.
Come Cattolici e come Cristiani, non possiamo non prendere in considerazione il modo in cui la donna veniva considerata nella cultura ebraica, dalla quale la nostra stessa religione ha attinto simboli e feste, anche se poi “trasformate” dalla Resurrezione di Cristo.
Nella cultura ebraica, la famiglia aveva un 'sogno' particolare: avere una discendenza molto numerosa. Nel grande numero di figli, la coppia ebraica vedeva la benedizione del Padre Celeste.
Ma il compito principale nella famiglia, per quanto riguardava l'educazione delle figlie, era della madre.
La bambina lavorava con la madre ed imparava così le varie usanze familiari. In tale modo riusciva anche ad apprendere le tradizioni religiose del suo popolo.
Quando aveva circa 13 anni, la bambina ebrea riceveva già la richiesta di matrimonio. Lei non veniva consultata per questa svolta importante della sua vita, ma erano i relativi padri di famiglia che contrattavano la cosa. Infatti il padre dello sposo andava a parlare, in casa della sposa, proponendo una somma di denaro quale compenso per la famiglia della donna.
In tutto questo i due interessati non venivano mai consultati e tutto veniva svolto dalle rispettive famiglie.
Era un vero e proprio contratto che si compiva con l'ingresso, nella casa dello sposo, della fidanzata.
La giovane sposa, anche se ora aveva cambiato famiglia, non vedeva però mutata la sua situazione, in quanto rimaneva sempre soggetta a qualcuno: prima il padre, ora il marito.
Nella nuova famiglia la sposa aveva come compito il procreare e il prendersi cure di tutte le faccende domestiche.
La nascita dei figli, soprattutto dei maschi, la faceva essere maggiormente considerata e meritevole di più attenzioni affettive: in lei, proprio perché metteva al mondo dei figli, si vedeva colei che faceva da 'intermediario' fra l'umanità e Dio, in virtù delle benedizioni divine che scendevano sulla nuova famiglia con la nascita di bambini.
La donna, poi, fra le sue virtù, ne aveva una che la metteva in particolare rilievo: la fedeltà assoluta al coniuge.
Mentre lo sposo poteva anche commettere adulterio, ed avere anche più mogli, per la sposa non era lo stesso.
Comunque la situazione di bigamia era sempre una condizione piuttosto eccezionale, in quell'ambiente, in quanto era la monogamia lo stato di vita più frequente della famiglia ebraica.
Il dislivello fra maschio e femmina, fra sposo e sposa, era notevole, ma non era stato voluto così dal Creatore.
Il Padre della Vita aveva creato con pari dignità l'uomo e la donna, ma la cultura dell'epoca, l'ambiente e le situazioni storiche del tempo, avevano stravolto la visione originaria del rapporto di coppia.
Bisognerà aspettare la venuta di Gesù per ristabilire l'equilibrio iniziale e ridare alla donna la dignità che per lei aveva voluto lo stesso Creatore.
Nell'ambiente ebraico, l'uomo e la donna, teoricamente, erano con la stessa dignità. Ma non era così nella vita pratica.
Gli ebrei avevano smarrito, dimenticato, il progetto originario che Dio aveva fatto sull'uomo e sulla donna.
Solo nel Nuovo Testamento tale progetto riprende la sua forma iniziale.
Dai testi evangelici possiamo comprendere il pensiero di Gesù sulla figura della donna palestinese e sulla donna in generale.
Gesù stabilisce un contatto col mondo femminile che ci sottolinea il suo modo di rapportarsi alla donna ed il modo in cui debba essere considerata.
Per esempio, se leggiamo, in questa ottica, la risposta che il Maestro dà alla domanda sul divorzio, ci rendiamo conto che egli si rifà alla Genesi e sottolinea come la natura umana, dal Creatore, sia stata creata di uguale dignità fra uomo e donna. 
Durante tutta la sua vita pubblica, Gesù dona alle donne molto del suo tempo, conversando con loro, parlando anche con loro del modo di porsi nei confronti della vita materiale e spirituale.
Basta, per esempio, guardare l'episodio di Marta e Maria, in cui egli, intrattenendosi con loro, mette in risalto quale sia la 'parte' migliore da scegliere nella vita. 
Gesù parla anche con le donne peccatrici, con donne che sono eretiche, con donne che sono pagane. Egli non fa distinzioni perché la Parola di Dio è per la salvezza di tutti. Le richieste e le esigenze delle donne sono tenute in considerazione allo stesso modo di quelle per gli uomini, anche per quanto riguarda i miracoli.
Il Cristo mette, quindi, sullo stesso piano la donna e l'uomo, ascoltando entrambi e dando consigli per vivere in modo migliore la propria vita di fede. 
Durante le nozze di Cana egli compie il suo primo miracolo esaudendo la richiesta fatta da una donna, sua Madre. A Betania resuscita il suo amico Lazzaro, dietro le richieste delle sorelle Marta e Maria.
Guarisce una donna curva di sabato.
Guarisce la donna che era emorroissa da tanti anni.
E così via... 
Nei vangeli troviamo tanti gesti e miracoli che Gesù fa per la donna, o dietro sua richiesta, ed a volte anche senza che questa dica nulla.
Il suo considerarla in questo modo la riporta alla dignità iniziale, che ritroviamo descritta nella Genesi, quando Dio Padre aveva donato alla coppia umana la stessa dignità. 
Il Maestro nella donna sottolinea pure il ruolo della maternità.
Basta osservare in che modo ascolta la richiesta della madre dei figli di Zebedeo. Ha pietà della vedova di Naim che porta alla sepoltura il suo unico figlio.
Ha come sue seguaci madri di suoi discepoli. 
Per la donna Gesù rivela un rispetto particolare: la pone sempre sullo stesso piano dell'uomo, l'ascolta allo stesso modo, la aiuta nel bisogno. Per lui è adultero anche l'uomo, e non soltanto la donna, quando c'è un'unione non legittima ed extraconiugale.
La donna adultera da lui non viene condannata ma perdonata ed invitata a non peccare più.  
Per l'ambiente ebraico di quel tempo, in cui la donna viveva sempre una condizione subalterna nei confronti dell'uomo, diventa uno 'scandalo' l'atteggiamento di Gesù che, invece, tratta uomo e donna sullo stesso piano.
Lui ripristina il progetto originario di Dio sulla coppia umana, progetto che comporta il rispetto reciproco e la pari dignità per entrambi.
Ma non solo questo: l'atteggiamento di Gesù nei confronti della donna ci insegna anche ora il giusto modo di rapportarsi e di considerare la persona umana.
Qualsiasi sia il sesso o la condizione sociale, uomo e donna sono comunque figli dello stesso Padre Celeste, che ha donato alla coppia umana la pari dignità. 
Adele Caramico