mercoledì 15 dicembre 2010

BEATI I POVERI - Vangelo del giorno - +S.Ecc.Mons. Andrea GEMMA

"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli"
(Mt 5, 3)

A questo punto del nostro itinerario di riflessione sembra opportuno volgere la mente a quella carta fondamentale dell’insegnamento evangelico che è costituita dalle “beatitudini”.
Esse in primo luogo ci parlano, mediante il paradossale accostamento della beatitudine con le condizioni meno felici della nostra esistenza, di quel contrappasso celeste che è il fondamento della nostra speranza.
È chiaro dunque che delle beatitudini – lo diciamo preventivamente per ognuna di esse – noi considereremo prevalentemente l’aspetto escatologico.
Se alle beatitudini si toglie questo riferimento essenziale esse possono apparire quella “morale da schiavi” che qualche insipiente ha rimproverato al Vangelo.
Quando Gesù dice: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli”, dice egli stesso in quale senso la povertà può e deve essere una premessa di beatitudine la quale avrà il suo culmine in quella felicità eterna di cui abbiamo parlato.
Diremo innanzitutto che Gesù non beatifica affatto, quindi non approva, quello stato di indigenza in cui milioni di esseri umani sono lasciati per colpa della parte maggiormente favorita di beni.
Gesù dice che è assolutamente necessario relativizzare i beni di questo mondo, le ricchezze – si ricordi quanto abbiamo detto a proposito della stoltezza del ricco – perché non ne facciamo lo scopo unico, e per questo peccaminoso, del nostro impegno terrestre.
Dice inoltre che per la conquista dei beni superiori vale la pena non solo accettare una condizione di indigenza e di povertà, ma che è possibile addirittura procurarsela proprio nella considerazione di quegli altri beni ultraterreni che la divina bontà ci promette.
Perché poi non riflettere al fatto che la smania di accumulare beni materiali può essere così invasiva da farci trascurare la tensione e il desiderio dei beni veri, senza dire che la precarietà della nostra vita rende perfettamente inutile quell’accumulo di beni che serviranno solo ai nostri eredi?

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