martedì 25 dicembre 2012

FILASTROCCHE MODI DI DIRE PROVERBI


FILASTROCCHE 

MODI DI DIRE 

PROVERBI 




NATALE 
Tutti vanno alla capanna 
per vedere che cosa c’è 
c’è un bambin che fa la nanna 
tra le braccia della mamma. 
Se avessi un vestitino 
lo darei a quel bambino. 
Un vestitino non ce l’ho 
un bacino gli darò. 

GESU’  BAMBINO  
Gesù Bambino 
con il tuo ditino 
metti un fiore nel mio cuoricino 
Un fiore azzurro di bontà 
Benedici la mamma e il papà. 

CIO’ CHE BASTA 
Basta in cielo una stella 
a fa la sera più bella. 
Basta un canto da nulla 
a dondolare una culla. 
(Renzo Pezzanti) 

AL GALOPPO 
Oh che corse matte e strambe 
fa un cavallo senza gambe, 
se lo sprona e lo molesta  
un bambino senza testa! 
Ma c’è il rischio, bel cavallo, 
che tu metta il piede in fallo, 
e finiscan per cadere 
il cavallo e il cavaliere.


LA PAPPA 
Din,din,din, campanellino, 
do’ la pappa al mio bambino. 
Don,don,don, campana a fuoco, 
anche al micio ne do un poco. 
Din,din,din,campana a festa , 
un po’ al cane gamba-lesta. 
Don,don,don campana a morto, 
un cucchiaio ne do all’orco. 
Din,din,din,campana doppia, 
gliene diamo fin che scoppia 
Don,don,don,campana d’oro, 
tutto il resto al mio tesoro. 
(Maria Punter)


OCCHIO BELLO 
Questo è l’occhio bello, 
questo è suo fratello, 
questa è la chiesina 
e questo è il campanello: 
din don din don din don 
La testina bionda, 
guancia rubiconda, 
bocca sorridente, 
fronte innocente. 
Din don din don din don. 
(popolare)  

BOM! 
Piede,piedino 
Fa male il sassolino. 
Tolgo il sasso, 
vado a spasso, 
la legna a raccattare, 
il fuoco voglio fare. 
Mano mano morta, 
picchia alla porta, 
picchia al porton,bom!


SETTE CORVI NERI 
Ci son sette corvi neri 
(dico neri proprio neri) 
sopra un albero di pero 
nel giardino di Gualtiero. 
Uno fa “crak”,  
Due fa “crek” 
Tre fa “crok”, 
Quattro fa “crik”, 
Cinque ride come un matto 
Solo Sei sta zitto 
Sette gracchia e fa un fracasso 
da sembrare un satanasso. 
(Hilarius 

GATTA GATTINA 
Dove sei stata gatta,gattina? 
Son stata a Londra a trovar la regina. 
Gatta,gattina, cos’hai fatto dopo? 
Ho messo tanta paura ad un topo! 
(da Mother Goose) 

FILASTROCCA DELLA LANA 
Filastrocca della lana  
Salta e gracida la rana 
Vola e trilla l’uccellino 
Corre e abbaia il cagnolini 
Va sul fiore la farfalla 
L’anatroccolo sta a galla. 
Filastrocca canta canta 
La mia lana è ancora tanta 
Voglio fare una vestina 
Alla bella mia bambina 
Due scarpette e due guantoni 
Per le mani ed i piedini. 
Fila fila filastrocca 
Fila fila dalla rocca 
Filastrocca della lana  
La matassa si dipana 
Il gomito lo si fa 
Guai se il gatto lo vedrà. 
Filastrocca lenta lenta 
La piccina si addormenta 
Piano piano, piano piano, 
con il filo stretto in mano.

DIN DON CAMPANON 
Din don campanon 
Quattro vecchie sul balcon 
Una che fila, una che taglia, 
una che fa cappelli di paglia, 
una che fa coltelli d’argento 
per tagliar la testa al vento. 
(popolare) 

TOMBOLO DONDOLO 
Tombolo Dondolo sul muro sedeva, 
Tombolo Dondolo dal muro cadeva; 
e non bastarono a metterlo in piè 
tutti gli uomini ed i cavalli del Re. 
(libera versione da Mother Goose) 

PIO PIO PIO 
Lunedì chiusin chiusino 
martedì bucò l’ovino 
sgusciò fuor mercoledì 
“Pio Pio Pio” fé giovedì 
venerdi fé un volettino 
beccò sabato un granino 
la domenica mattina 
aveva già la sua crestina. 
(popolare) 

LA SIGNORINA ROSETTA 
La signorina Rosetta 
sedeva sull’erbetta. 
Mangiava la merenda 
quando,cosa orrenda,  
un ragno lì sbucò. 
Cadde la merenda e lei urlò. 
(Mamma Serena) 

COR CONTENTO 
Io, vedete, 
grazie al cielo, 
non ho imbrogli 
pel cervello: 
che sia caldo, 
che sia gelo, 
che sia brutto, 
che sia bello, 
che sia pioggia, 
nebbia o vento, 
resto sempre  
Cor Contento! 
Non c’è caso:il malumore 
Non s’annida sul mio viso; 
la letizia ho sempre in core, 
sulle labbra ho sempre il riso. 
(Arnaldo Fucinato) 

PIMPIRULIN 
Pimpirulin piangeva 
voleva mezza mela 
la mamma non l’aveva 
e Pimpirulin piangeva. 
A mezzanotte in punto 
passa un aeroplano 
e sotto c’era scritto: 
Pimpirulin sta zitto! 
(popolare) 

QUEL CHE POSSIEDE UN BIMBO 
Due piedi lesti lesti 
per correre e saltare, 
due mani sempre in moto 
per prendere e per fare; 
la bocca chiacchierina  
per tutto domandare; 
due orecchie sempre all’erta 
intente ad ascoltare; 
due occhini spalancati 
per tutto investigare 
e un cuoricino buono per molto, molto 
amare.

 IL GATTO E L’UCCELLINO 
L’uccellino sulla pianta 
Ride ala cielo e lieto canta 
Quando arriva di soppiatto 
Per ghermirlo un grosso gatto. 
L’uccellino con un trillo 
Vola via felice,arzillo; 
ed il gatto a muso tetro 
ci rinuncia e torna indietro. 
(Mamma Serena) 

QUANTI PESCI CI SONO NEL 
MARE? 
Tre pescatori di Livorno 
Disputarono un anno ed un giorno 
Per stabilire e sentenziare 
Quanti pesci ci sono nel mare. 
Disse il primo:”ce n’è più di sette, 
senza contare le acciughette”. 
Disse il secondo:”Ce n’è più di mille, 
senza contare scampi ed anguille”. 
Il terzo disse:”più di un milione!”.         
E tutti e tre avevano ragione. 
(Gianni Rodari) 

LA DONNINA PICCINA PICCIO’ 
Una donnina piccina picciò 
Uno stivale un giorno trovò. 
Ci mise un tetto piccino picciò, 
e qui abitò, 
con tanti bimbi piccini picciò 
capricciosi anzichenò: 
urlavan tanto che in fine andò 
che la donnina si assordò. 
(Isa) 

ROBIN 
Robin Robin il grassone 
mangiava più di ottanta persone: 
mangiò una mucca,mangiò un vitello, 
mangiò il macellaio con tutto il macello, 
mangiò la chiesa col cappellano, 
il campanile col sagrestano. 
E mucca e vitello 
beccaio e macello, 
e chiesa e curato 
quand’ebbe mangiato 
così si lagnò:                    
“Che fame che ho!”                               

IO SONO LA PRIMAVERA 
Lucciole belle venite con me; 
son principessa, son figlia del re. 
Ho trecce d’oro filato fino 
ho un usignolo che canta su un pino, 
una corona di nidi alle gronde, 
una cascata di glicini bionde, 
un rivo garrulo, limpido, fresco, 
fiori di mandorlo, fiori di pesco. 
Ho veste verde di vento cucita 
tutta di piccoli fiori fiorita; 
occhi di stelle nel viso sereno, 
dolce profumo di viole e di fieno 
e per il sonno dei bimbi tranquilli 
la ninna nanna felice dei grilli. 
(Renzo Pezzani) 

DIN DIN DIN 
Din, din, din, gattino mio, 
tutto il bene lo voglio a te, 
la ciccina la mangio io, 
e l’ossicino lo do a te. 
(Popolare) 

UCCELLINO 
In cima ad un albero 
c’è un uccellino 
di nuovo genere… 
che sia un bambino? 
Felice e libero 
saluta il sole 
canta, s’arrampica 
fa quel che vuole. 
Ma inesorabile 
Il tempo vola: 
le foglie cadono… 
si torna a scuola! 
(Lina Schwartz) 

GIROTONDO 
Dopo il giorno vien la sera 
dopo l’inverno vien primavera 
dalle viti viene il vino 
viene il fumo dal camino 
va la mucca con il bue 
van le ochette a due a due 
e la vita in fondo in fondo 
è un allegro girotondo.                            

CANTILENA 
Capra capretta, 
che bruchi l’erbetta, 
vuoi una manciatina 
di sale da cucina? 
Il sale è salato, 
i bimbo è nel prato, 
la mamma è alla fonte, 
il sole è sul monte, 
sul monte è l’erbetta, 
capra, capretta. 
(Popolare) 

MAZZO DI FIORI 
Un’ortensia, una rosa, una giunchiglia 
Ogni fiore è una dolce meraviglia 
Di color, di profumo, di bellezza 
Che nell’animo mette gentilezza. 
(Mamma Serena) 

LA SIGNORA MENEGHINA 
Staccia staccia la farina 
La signora Meneghina 
Staccia bene, staccia male 
Staccia prima di Natale. 
Lava lava le scodella 
Per mangiar le tagliatelle 
Lava bene, lava male 
butta l’acqua nel canale. 
(Popolare mantovana) 

FILASTROCCA DELLA NONNA 
Filastrocca della nonna 
tiene i piedi sotto la gonna, 
sta in poltrona tutto il giorno 
non va i giro, non va intorno. 
Se c’è il sole, oppure piove, 
lei sta in casa e non si muove. 
Io che invece vado a scuola 
non vorrei lasciarla sola 
con il gatto e lo scaldino 
senza neanche un nipotino 
ma la saluto dalla finestra 
perché mi aspetta la maestra.             

IL CANE
Guarda,guarda il can che scappa,  
ha portato via la pappa al mio bambino  
per portala al suo cagnolino, 
il cagnolino tutto contento  
se la mangia in un momento 
 se la mangia e fa glu glu  
 la pappa non c’è più. 

TROTTA  TROTTA 
Trotta ,trotta cavallone, 
va in piazza col padrone,  
devi dire alla Nena  
che prepari ben la cena,  
devono venir dei forestieri 
 ben vestiti da cavalieri  
col fucile e la baionetta  
per uccidere la passeretta. 

IL GATTINO
Liscio, liscio il mio gattino, 
è gentile e tanto carino  
si pulisce ogni mattina  
il musin con la zampina. 

TUTTI I SANTI 
A letto , letto voglio andare 
 tutti i santi voglio chiamare,  
tre dalla testa, tre dai piedi  
tutti santi sono miei,  
la Madonna buona madre,  
San Giuseppe un buon padre, 
San Lorenzo un buon parente e 
 che io possa dormire serenamente. 

I PULCINI 
Tre pulcini andando a spasso incontrarono 
una volpe che venendo passo passo  
leggicchiava il suo giornale, 
- Buonasera signorina dissero subito i  
pulcini; 
- O salute miei carini e di bello che si 
fa; 
- Già che mamma è andata fuori , 
siamo usciti dal pollaio; 
- Bravi bravi miei carini voglio 
stringervi la mano e con l’andar di 
qua e di là, piano piano si avvicinò e 
chè e chè se li mangiò.

VERSI DEGLI ANIMALI
Sui tetti il gatto miagola, 
sull’uscio abbaia il cane, 
crocchian nei fossi l’anitre, 
e gracidan le rane. 
Là nella stalla l’asino raglia 
E il caval nitrisce, 
tafani e mosce ronzano 
ed il maial grugnisce. 
I passerin garriscono. 
La tortorella geme 
E le colombe  
tuban dall’alto insieme. 
Chicchiri chì chì 
Il galletto annuncia il dì 
Qua.qua,qua l’ochetta fa 
Ed il passero cip cip 
Be be beee fa la capretta  
Ed il cuculo cu cu  
Ogni bestia ha la sua voce 
Qua,qua ci ci cu cu be be…. 

 IL CALABRONE 
Un giorno un calabrone 
andando in bicicletta 
pregò la luccioletta 
di fargli da lampione. 
Ma il vigile maiale 
che stava di fazione 
gli fè la contravvenzione 
scrivendo sul verbale: 
“La legge non ammette 
per sue ragioni interne 
sui carri o biciclette 
lucciole per lanterne. 

GIGI 
Gigi cerca il suo berretto 
Dove mai l’avrà ficcato. 
Nel cantuccio sotto il letto 
Va e cerca tutto affannato 
Gira,guarda, scruta e pensa 
Poi si accorge che l’ha in testa. 

FARFALLINA 
Farfallina bella bianca 
vola,vola, mai si stanca. 
Vola qua e vola là 
e la mia vita è sopra a un fiore 
e la mia vita è sopra un fior. 
ecco, ecco, l’ho trovata 
la rosetta profumata. 
Vola qua e vola là 
e la mia vita è sopra a un fiore 
e la mia vita è sopra a un fior 

IL BABBO CARINO 
L’altro giorno il mio babbo carino 
portò a casa una bambola nuova. 
Alla fiera del borgo vicino 
L’ho veduta la bambola c’è! 
Com’è bella la bambola mia! 
Quasi, quasi è più bella di me! 
Ha il vestito di raso celeste. 
Ha il grembiule di seta turchina. 
Sembra proprio la nostra Regina 
quando gira in carrozzina col Re. 

SOLE SOLE VIENI 
Sole, sole vieni 
che t’aspetta il cavaliere. 
Il cavaliere di Roma 
che ha perso la corona. 
Corona di rubino 
d’oro fino. 
D’oro e d’argento 
che costa più di cento. 
Centocinquanta la gallina canta 
canta il gallo, risponde serafina. 
S’affaccia alla finestra 
con due cordoni in testa. 
Passa lo fante  
con due cavalli bianchi. 
Bianca la stella 
giallo il girasole 
che fa venire il Sole! 

LA PIGRIZIA 
La Pigrizia andò al mercato 
e un bel cavolo comprò. 
Mezzogiorno era suonato 
Quando a casa ritornò. 
Prese l’acqua, accese il fuoco, 
si sedette e riposò. 
ed intanto a poco, a poco, 
anche il sole tramontò. 
Così ormai persa la lena,  
sola al buio ella restò. 
Ed a letto senza cena,  
la meschina se ne andò 

LA PEPPINA 
Uno, due, treLa Peppina fa il caffè. 
Fa il caffè di cioccolata 
La Peppina è ammalata. 
E’ ammalata di dolor 
La Peppina fa l’amor. 
fa l’amor col capitano. 
Capitano va al mulino. 
Tira la coda al cagnolino. 
Cagnolino fa bu-bu E pulcino pio- pio      

STELLA- STELLINA 
Stella, stellina. 
La notte s’avvicina. 
La luce traballa. 
La mucca è nella stalla. 
La mucca col vitello. 
La pecora e l’agnello. 
La gatta coi gattini. 
La mamma coi bambini. 
E tutti fan la nanna. 
Sul cuore della mamma 

DOMANI E’ FESTA 
Din-don- Dan domani è festa 
si mangia la minestra. 
La minestra non mi piace 
si mangia pane e brace. 
La brace è troppo nera, 
si mangia pane e pera. 
La pera è troppo bianca 
si mangia pane e panca. 
La panca è troppo dura 
si va a letto addirittura. 

VOLTA LA CARTA 
La donnetta che semina il grano 
volta la carta si vede il villano. 
Il villano che zappa la terra 
volta la carta si vede la guerra. 
E la guerra con tanti soldati, 
volta la carta ci son gli ammalati. 
Gli ammalati con tanto dolore. 
Volta la carta si vede il dottore. 
Il dottore che fa le ricette, 
volta la carta si vede ariette. 
Ariette che fila il lino, 
volta la carta si vede Arlecchino. 
Arlecchino che salta e che balla, volta la 
carta si vede farfalla. 
E farfalla che vola sui fiori, 
volta la carta ci sono i signori. 
I signori che vanno per via, 
volta la carta si vede Lucia, 
e lucia che ha male a un dente, 
volta la carta si vede più niente. 

IL NONNINO 
L’altro giorno il mio nonnino 
portò a casa un panierino. 
Esclamai: “oh che piacere! 
Saran pere? saran mele? 
Non appena aperto fu, 
un musetto saltò su, 
un musetto birichino 
era il muso di un gattino. 
Apro e vedo:bianco il pelo! 
Gli occhi azzurri come il cielo! 
Salta, corre qua e là,va a finire sul sofà. 
Ha mangiato un topolino! 
Oh che birba di un gattino!! 

CANE E CAGNOLINO 
Guarda, guarda il can che scappi 
che ha portato via la pappa. 
Via la pappa del bambino 
per portarla al cagnolino. 
Cagnolino corre contento 
e se la mangia in un momento. 
Se la mangia e fa bu-bu 
e la pappa non c’è più. 

QUANDO SCOPPIA UN TORTELLINO 
(E’ MEGLIO NON ESSERE LI’ VICINO) 
In una fabbrica di tortellini, 
di quelli grandi e di quelli piccini, 
ci lavora un certo Riccardo, 
che in tasca sua aveva un petardo. 
Ogni mattina si chiedeva nel letto 
“ma il mio petardo dove lo metto? 
Più che un petardo è un petardino, 
potrebbe stare in un tortellino!” 
Così passò una settimana, 
lavorando da Giovanni Rana, 
e lui lavora felice e sereno: 
nei tortellini mette il ripieno. 
E per provare una bella emozione 
Un giorno realizza un’invenzione: 
allora prende un pezzetto di lardo 
e dentro ci mette quel suo petardo, 
poi lo richiude e dice giulivo: 
“stò tortellino è proprio esplosivo!”  
il caso vuole che quel tortellino 
vada nel piatto del signor Gino, 
perché la moglie l’ha comperato 
per fare pace perché han litigato. 
“Facciam la pace?Mi dai un bacino?” 
“Ma certo amore, vieni vicino!” 
Ma quando Gino col labbro la tocca 
il tortellino ce l’ha ancora in bocca, 
in quel momento il petardo scoppia, 
e ciò pone fine a questa coppia. 
Ora è finita la nostra storia, 
studiala bene, tutta a memoria. 
Non ho capito una cosa al riguardo: 
di chi è la colpa? Forse del ladro? 
O della peste chiamata Riccardo? 

PROVERBI 
• Chi si loda si sbroda 
• Se vuoi al mondo viver bene prendi il 
mondo come viene 
• Natale con i tuoi e Pasqua con chi 
vuoi 
• I giorni dell’epifania ogni festa porta 
via  
• Mese di aprile dolce dormire  
• Mese di aprile tutti i giorni un barile 
• L’amore non è un calesse non lo devi 
fare per interesse 
• Chi dorme non piglia pesci 
• Moglie e buoi dei paesi tuoi 
• Ridi ,ridi che mamma ha fatto gli 
gnocchi 
• Buon sangue non mente 
• Le apparenze ingannano 
• C’ un tempo per seminare e un tempo 
per raccogliere 
• Stare dalla parte del frumentone 
• Tutti i nodi vengono al pettine 
• Can che abbaia non morde               
• Lascia stare il can che dorme 
• Ride bene chi ride ultimo 
• Chi troppo vuole nulla stringe 
• Meglio un uovo oggi che una gallina 
domani 
• Tentar non nuoce 
• Rosso di sera bel tempo si spera  
• Ambasciator non porta pena 
• Paese piccolo la gente mormora 
• Non dire gatto se non ce l’hai nel 
sacco 
• Se l’acqua scarseggia la papera non 
galleggia 
• Non mettere il carro davanti ai buoi 
• Fidarsi è bene non fidarsi è meglio 
• Chi semina vento raccoglie tempesta 
• Meglio di così si muore  

   I RACCONTI DELLA ZIA DI CHIARA 
Poco prima di Natale,nostro padre,andava 
in bicicletta,a guardare al di fuori dei 
boschi se sporgesse qualche ramo di abete 
per poterlo tagliare nell’oscurità e quando 
riusciva,si preparava una vecchia pentola   
blu con terra umida e così prendeva posto 
l’albero di Natale; come <addobbarlo>da 
tempo, se trovavamo carte di caramelle, le 
conservavamo come pure le carte dei 
cioccolatini purgativi,così incartavamo le 
castagne secche, chieste a nostra madre, 
prima che le cocesse per fare la torta, se 
rimanevano delle carte, si cercava in 
strada a misura e con il filo lo legavamo ai 
rami; entusiaste ammiravamo il nostro 
albero di Natale.  
All’avvicinarsi della vigilia del Natale (che 
ora c’è tanto) rivedo quella piccola 
bottiglina contenente quel liquido rosso e 
ce ne veniva offerto un pochino in un 
bicchierino piccolo e anche se ci venivano 
gli occhi rossi lo gustavamo con piacere e 
si chiamava “rinfresco di mandorle”.     
La nostra cucina aveva un soffitto a curva 
e non so cosa significava, da una parte 
all’altra c’era un ferro rotondo e nostro 
padre ci faceva passare una corda dove 
legava una pentola di coccio; dopo ci 
venivano bendati gli occhi e con la canella 
dopo alcune piroette cercavamo di 
centrare la pentola e se la centravi avevi 
ciò che conteneva, castagne o al massimo 
un’arancia. Dopo quei momenti allegri 
veniva il momenti di essere pesate. A 
quella corda veniva legata la stadera dello 
zio e insieme alle cugine ci pesavano e si 
scendeva in fretta,perché sedere   su 
quella corda non era piacevole. 
Ricordo di una nostra cucina, con le pareti 
annerite dal fumo della stufa a legna e 
anche l’unico utensile appeso , era un’antica 
padella di rame, pure lei scura e qualche 
volta ci veniva suggerito di farle cambiare 
colore, ma non essendoci detersivi , si 
sperava in un po’ di vino acido, nella cenere 
e se non c’era sabbia si sostituiva con la 
polvere ai bordi delle strade e la fatica 
veniva ricompensata nel vederla lucida. Ma 
, quella padella, ci dava anche gioia , 
quando a Natale veniva utilizzata per una 
squisita torta, che nostra madre preparava 
con le castagne secche e per quell’ 
occasione ci si dimenticava della sua 
pulizia. 
Tempo fa non c’erano tanti soldi. Solo i 
Signori Rangoni il giorno di tutti i Santi 
aprivano il borsellino e il cuore. Per mano 
del custode della villa , ai bambini veniva 
offerto tra le sbarre del cancello una 
monetina che noi tutte contente , 
tenevamo strette strette come ce le 
avesse regalata un Re.  
                                                             
                        
RACCONTO DI DON ANGELO (PRETE) 
Ciao bambini quando ero piccolo volevo 
andare in seminario, ma i miei genitori non 
volevano farmi   andare e  poi sono 
diventato prete a Fiumalbo, a palavano 
allora mi sono trovato bene e due anni sono 
stato a Fuimalbo, ho fatto insegnamento ai 
seminaristi giovani. 
Sono stato vestito da prete l’8 dicembre 
1959, tardi, c’era poco tempo da studiare 
sono andato in seminario tardi. Quando ero 
piccolo abitavo in montagna. Prego per 
tutti i bambini, perché crescono bravi, 
buoni che abbiano voglia di studiare e 
lavorare. Poi dopo sono diventato prete di 
Sestola, ho fatto costruire la chiesetta 
adesso è degli alpini. Il Cimone è il monte 
più  alto  mi    hanno  fatto  vedere  il 
goniometro, l’hanno condotto al posto 
sicuro ( apparecchio meteorologico). Nel 
1969 mi hanno fatto prete a Montefiorino 
per tredici anni poi dopo nove anni alla 
casa del clero a Cognento. Dirigevo il coro, 
facevo le funzioni vestiti da chierichetti li 
portavo a giocare a calcio a       sono 
riuscito a fare il campo sportivo a 
Montefiorino. Alla casa del clero sono 
caduto, poi sono andato a Torrepredera a 
Rimini.  
NONNO BRUNO: sono nato nel 1915 a 
Castelfranco Emilia, fate a modo, studiate 
e ubbidite a mamma e papà che vi aiutano e 
fate a modo perché vi vogliono bene e vi 
seguono. Non bisogna essere dei ladri, 
bisogna essere bravi e dei bravi lavoratori.  
NONNA EVA: vi racconto come era il mio 
asilo, non era bello come il vostro: c’erano 
dei tavoloni per mangiare con dei buchi 
dove si metteva la tazza. Anche il 
gabinetto non mi piaceva perché c’era un 
buco grande e io avevo paura. Non c’erano 
neanche i lettini perché non si dormiva.  
37 Io piangevo perché quel posto non mi 
piaceva  e così mi hanno tenuta a casa, ma 
voi siete più fortunati: la vostra scuola è 
molto bella. La sola cosa bella che ricordo 
dell’asilo è che  mi hanno insegnato tante 
canzoni e tante filastrocche. E tutte le 
canzoni e le filastrocche pio le ho 
raccontate ai miei  figli e adesso le 
racconto ai miei nipoti e anche a voi. 
NONNO SERGIO: Sono nato a santino di 
Frignano il 1940, mio padre si chiamava 
elio Bretoni, mia madre Tomei Maria, 
eravamo 7 figli,poi si è sposato Federico 
mio fratello ed è nato un bimbo che si 
chiamava Maurizio. Da bimbo giocavo 
nell’aia ( cortile) al pallone con i miei 
fratelli e dopo è venuta la guerra cattiva; 
quando io avevo 4 anni sono andato via con 
le mucche, il fieno e dopo la guerra sono 
tornato a casa. 
Sono andato a scuola fino alla 5 
elementare , dopo ho lavorato la terra a 
casa mia con mio padre e mio zio che 
faceva il mercante di bestie ( tori, 
cavalli,mucche,maiali). Eravamo in 11 in 
famiglia abitavamo a Santino, dopo 
abbiamo venduto il fondo ( terreno) e 
siamo venuti in pianura, alla fossa. Poi mio 
padre, portava a Modena le mucche e io ho 
lavorato la terra e a Modena ho venduto 
due mucche a 300 mila lire. 

NONNO AFRO 
A SCUOLA IN TEMPO DI GUERRA 
Dei miei primi due anni di scuola 
elementare, conservo pochi e  vaghi 
ricordi: il volto del maestro siciliano che 
parlava strano, e quello piuttosto vacuo e 
ridanciano di quella sua figlia che lo 
seguiva ovunque, anche in classe, con mia 
somma noia. 
Abitavo a Montemolino, un piccolo ed 
isolato borgo di 30 anime, arroccato a 
1000 metri sull’ appennino modenese, la 
scuola non c’era, e perciò le lezioni si 
tenevano presso la casa di una famiglia 
abbastanza fortunata da possedere una 
stanza libera, dove noi bambini 
frequentavamo prima e seconda 
elementare, tutti assieme. 
Le classi successive invece, si tenevano 
presso una scuola “regolare”,  nel comune 
principale, a 3 chilometri di distanza, da 
fare a piedi, naturalmente,…  e qui 
cominciano i miei ricordi più vivi. 
D’inverno, la mattina, mi alzavo presto e di 
malavoglia, perché c’era un freddo tale che 
le finestre della mia stanza, all’interno 
però, erano ricoperte da quelle che 
sembravano delicate tendine di candido 
pizzo, ma che, invece, si formavano ogni 
notte ed erano fatte di crosta di ghiaccio. 
Superato con frenesia lo choc di lavarsi e 
vestirsi, correvo finalmente nell’unica 
stanza riscaldata, la cucina, dove mia 
madre mi faceva trovare una buona 
colazione con pane e marmellata fatti in 
casa, e poi via, quando i miei due amici 
chiamavano dalla strada, scendevo giù e  
partivamo a rotta di  collo, di corsa, in 
discesa verso Palagano,  perché non 
volevamo arrivare in ritardo al cospetto 
della nostra nuova maestra, una di città, un 
essere alieno dunque, che chissà cosa 
avrebbe preteso da noi…  
Verso fine Ottobre veniva già giù la prima 
neve, e ne faceva tanta in quegli anni! Era 
il 1940, vestivamo con quello che avevamo, 
le calze di lana sferruzzate dalla mamma, 
le scarpe, beh… di vere non ce n’erano, ma 
solo zoccoli chiodati che mi faceva mio 
nonno, che era  commerciante di legname, 
sì, ma sapeva fare veramente tutto con 
quelle sue mani esperte!. I pantaloni erano 
corti al ginocchio, e quello lo ricordo bene,  
perché scendendo verso la scuola per il 
sentiero, sprofondando nella neve fresca, 
dopo poco ero completamente fradicio fin 
su alle cosce, che diventavano viola e dure. 
Arrivato a scuola, con i piedi che mi 
dolevano per i geloni, non riuscivo affatto 
a scaldarmi poiché c’era una sola misera 
stufetta di terracotta, e la maestra la 
teneva ben stretta vicino a sé, addirittura 
sotto la sua cattedra, a scaldarle le 
cosce…! E io battevo i denti in fondo 
all’aula, con una corrente maligna che 
penetrava dagli spifferi larghi un dito 
delle malconce finestre; se mi volevo 
alzare dovevo prima staccare dalla sedia i 
pantaloni che vi si erano nel frattempo 
incollati sopra, gelandosi,  mi ricordo 
ancora il rumore che facevano, come un 
crepitio secco, altrimenti mi sarei tirato 
dietro anche la sedia! 
Francamente cosa mi insegnassero non me 
lo ricordo, dopo 4 ore di sofferenza mi 
fiondavo fuori dalla scuola, libero 
finalmente, e in movimento,… e nevicava 
sempre! Io e gli altri ci incamminavamo 
subito, ma di corsa, per scaldarci, e poi 
cominciavamo a sfidarci a chi faceva i 
passi più lunghi e i buchi più profondi nella 
neve, e a salti e a passi e scommesse 
finivamo per ritrovarci di nuovo vicino al 
punto di partenza… 
Quando finalmente giungevo a casa, c’era 
mia madre ad aspettarmi, con le mani sui 
fianchi, lo sguardo severo e l’imminente 
castigo: restare in casa fino a sera! Era 
troppo! 
Ricordo un tema che mi fece guadagnare 
un bel voto e che raccontava della sera 
dell’Epifania, tutti radunati intorno al  
fuoco a sentire racconti di paura e 
mistero, dopo tre giorni interi di nevicate 
fittissime e di strade impraticabili, 
nessuno arrivava e nessuno partiva, quando  
improvvisamente, proprio intorno alla 
mezzanotte, giunsero come dal nulla  due 
pattuglie di tedeschi, una visione quasi 
surreale e incredibile, mi sembrarono 
cavalieri del male usciti da chissà 
dove…l’inferno forse! Subito ci ordinarono 
con strani latrati di tenere le mani  in alto, 
mentre la canna nera dei loro fucili 
minacciosi era fissata a pochi centimetri 
dai nostri visi: quella paura la ricordo 
ancora, mi si fermarono tutti i pensieri e 
forse anche il cuore…  Fortunatamente 
tutto si concluse quando, finalmente 
soddisfatti, se ne andarono con le nostre 
frittelle appena fatte, più un salame ed un 
formaggio di quelli buoni 
Terminate le elementari i miei genitori mi 
portarono a Modena al Collegio del Sacro 
Cuore per continuare gli studi, e, per vari 
motivi, la cosa non mi piacque per niente! 
Essendo ancora tempo di guerra, si pativa 
la fame, mentre noi a casa fortunatamente 
non  soffrivamo di eccessive privazioni; i 
miei genitori allora mi mandavano delle 
belle pagnotte di pane  
fatto nel forno di casa, e così potevo 
evitare  di  mangiare  il  cibo  della  scuola, 
spesso riso…che si muoveva! Dividevo il 
pane con i miei amici e alla sera, con il buio, 
andavamo a rubare le mele ancora acerbe 
di un orto lì vicino: avevamo fame! 
Si studiava, si pregava, si giocava, si 
stringevano amicizie preziose e si 
provavano anche violente antipatie. Un 
giorno venni incolpato ingiustamente da un 
insegnante di aver partecipato ad una 
zuffa fra ragazzi, non era vero, e glielo 
dissi, e… perciò mi mise in castigo sotto il 
solleone estivo del mezzogiorno, al muro, 
come un condannato! Dovevo restarci per 
un ora, e già cocevo per l’ingiustizia subita  
quando mi mossi, e lui mi vide…si avvicinò, 
cattivo, e mi diede uno schiaffone in pieno 
viso che mi ribaltò. Ero un ragazzo 
orgoglioso ed anche pieno di forza, mi alzai 
col viso asciutto, di scatto, e alla muta  
piantai un calcione negli stinchi al 
prete…successe un finimondo, uno 
scandalo, ma, a dire la verità, non mi  
pentii mai. 
Verso la fine della guerra, a causa dei 
bombardamenti, finimmo sfollati fuori 
città, ma anche lì eravamo a rischio. Gli 
americani vennero a bombardare un ponte 
lì vicino, proprio mentre noi eravamo tutti 
in un prato, allo scoperto, vestiti con la 
mantellina d’ordinanza, con il terrore di 
essere un facile bersaglio per chi ci poteva 
anche credere soldati nemici!   
Non capivo perché dovessi rimanere lì, in 
pianura, lontano dai miei, sotto i 
bombardamenti, solo per andare a scuola…, 
così quel pomeriggio presi la decisione: 
sarei scappato per tornare in montagna, a  
casa mia. Non dissi niente a nessuno, era 
un piano mio, al momento giusto scavalcai il 
muro di due metri e poi corsi, corsi, corsi 
come in un sogno, quasi senza fatica e 
senza pensieri, era la volontà che mi 
guidava. Poi, quando fui secondo me 
abbastanza lontano da lì, camminai 
lungamente, finché ebbi la fortuna di 
ottenere un passaggio sul cassone di un 
camion di un conoscente, che andava verso 
casa. Mi lasciò a circa 10 chilometri da 
Montemolino, ed io per scortoni nei campi 
e nei boschi riuscii a giungere a casa prima 
che facesse buio, inatteso, col cuore in 
tumulto. 
-“Beh? Cosa fai qui? Cos’è successo?” – 
chiese mio padre senza tanto scomporsi. 
Spiegai la mia storia, le paure soprattutto, 
ma con poche parole guardinghe. Il giorno 
dopo mio padre mi riportò all’odiato 
collegio. 
 Non capii perché per lui fosse tanto 
importante e perché mi facesse questo, le 
spiegazioni a quei tempi non erano dovute, 
fatto sta che tornai a scuola, a studiare. 
Per poco però, perché la mia indole mi 
spingeva verso altre cose: ad una vita più 
attiva, all’esperienza pratica, a toccare 
con mano, a fare, e dunque infine anche al 
lavoro vero, e devo dire che in fondo non 
me ne pento, tutto quello che ho imparato 
in quell’ età precoce mi ha molto aiutato e  
lo porto per sempre dentro di me.  
Pollicino raccontato dalla nonna di Giulia 
C’era una volta una mamma e un papà che 
facevano i boscaioli, ma erano tanto poveri 
e avevano tanti bambini. Il più piccolo si 
chiamava Pollicino perché era piccolo come 
un pollice. 
A casa si mangiava poco e allora una sera il 
papà disse che dovevano portare i bimbi 
nel bosco . Pollicino sentì e uscì a trovare 
dei sassolini bianchi. Il mattino presero i 
bimbi e andarono nel bosco e la sera li 
lasciarono . Ma Pollicino disse,non piangete 
che torniamo a casa. Trovò i sassolini 
lasciati il mattino e tornarono a casa. La 
mamma era molto contenta, ma purtroppo 
li dovettero lasciare di nuovo, ma questa 
volta non fece in tempo a prendere i sassi 
e lasciava cadere dei pezzettini di pane , 
ma gli uccellini li mangiarono tutti e così la 
sera non riuscirono a trovare la strada di 
casa. Cominciarono a piangere, ma Pollicino 
li rassicurò e si incamminarono nel bosco. 
ad un tratto videro una luce e si diressero  
in quella direzione, ma quando arrivarono 
 videro che era la casa dell’orco. La moglie 
dell’orco li accolse e gli diede  anche da 
mangiare e li mise a letto con i suoi 
bambini in fondo perché l’orco non li 
vedesse. Ma Pollicino mentre l’orco 
dormiva gli prese gli stivali e andò nel 
bosco a trovare una grotta dove c’erano 
tanti soldi, poi ritornò a prendere i fratelli 
e ritornarono da mamma e papà e vissero 
felici e contenti tutti insieme. 









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