giovedì 25 ottobre 2012

No Halloween!!! «IL MIO POPOLO PERISCE PER MANCANZA DI CONOSCENZA»








Il 31 ottobre, è una data importante non soltanto nella cultura celtica, ma anche nel satanismo. E’ uno dei quattro sabba delle streghe. I primi tre segnavano il tempo per le stagiono “benefiche”: il risveglio della terra dopo l’inverno, il tempo della semina, il tempo della messe. Il quarto sabba marcava l’arrivo dell’inverno e la “sconfitta” del sole, freddo fame, morte. La festa cattolica di Tutti I Santi non è legata ad Halloween, è stata instaurata da Papa Gregorio IV nell’anno 840; originariamente si celebrava nel mese di maggio e non il 1° novembre. Fu nel 1048 che Odilo de Cluny decise di spostare la celebrazione cattolica all’inizio di novembre al fine di detronizzare il culto Samhain. In inglese la vigilia si chiama “All Hallowed Eve”, che divenne poi Halloween.
“Halloween è un fatto di cultura, è una forma di colonizzazione economica del nostro Paese, (e di tutti gli altri). è un espediente commerciale, è voglia di divertirsi, è la notte dove tutto è permesso, è un modo per intrattenere i bambini, quindi… HAPPY HALLOWEEN!
Con queste espressioni o con chissà quali altre e con questo augurio ci si accinge ad addobbare negozi, organizzare feste, insegnare l’inglese ai bambini in modo divertente, o improvvisare qualche mascherata a scuola, o in ufficio”. Intanto… «IL MIO POPOLO PERISCE PER MANCANZA DI CONOSCENZA» (Osea 4,6), come accade per la magia e tutto quanto gli ruota intorno tra cui anche la new e next age (pranoterapia, fiori di bach, piramidi, profumoterapia, musicoterapiea, corsi reiky, ecc): la maggior parte delle persone anche cattoliche, non sanno che si viola l’A,B,C delle regole fondamentali del rapporto con Dio: il primo comandamento: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”.

PRIMA DI AGIRE, CONOSCI!
1. Il significato – Halloween è la forma contratta dell’espressione inglese “All Hallows’Eve day” che letteralmente significa vigilia d’ognissanti.

2. La ricorrenza – Halloween, nonostante non lo si dica come invece si dovrebbe, è una ricorrenza magica (di fatto, la magia è esercitare potere, in modo occulto, nei confronti di qualcuno). Il mondo dell’occulto così lo definisce: “è il giorno più magico dell’anno, è il capodanno di tutto il mondo esoterico”, “è la festa più importante dell’anno per i seguaci di satana”.
La Bibbia invece afferma: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il,dolce in amaro» (Isaia 5,20).

3. La leggenda – L’antica leggenda irlandese racconta che Jack, un fabbro malvagio, perverso e tirchio, che una notte d’ognissanti, dopo l’ennesima bevuta viene colto da un attacco mortale di cirrosi epatica. Il diavolo nel reclamare la sua anima viene raggirato da Jack e si trova costretto ad esaudire alcuni suoi desideri, tra i quali di lasciarlo in vita, giungendo al patto di rinunciare all’anima del reprobo. Jack, ignaro dell’effetto della malattia, muore un anno dopo. Rifiutato in Paradiso, Jack non trova posto nemmeno all’inferno a causa del patto con diavolo. A modo di rito il poveraccio intaglia una grossa rapa mettendovi all’interno della brace fiammante a luogo della dannazione eterna. Con questa lanterna, Jack, fantasma, torna nel mondo dei vivi.

4. La tradizione- Gli irlandesi, colpiti dalla carestia, immigrarono in America verso il 1850. Approdati nel nuovo mondo, trovarono un’enormità di zucche che, a differenza delle piccole rape indigene, erano sufficientemente grandi da essere intagliare. Così le zucche sostituirono le rape e divennero le Jack o’ lantern. Utilizzate la notte d’ognissanti perché si pensava di tenere lontani gli spiriti inquieti dei morti che tentavano, come Jack, di tornare a casa.
I bambini oggi si travestono da spiriti inquieti, che non trovano “pace” né all’interno del Paradiso e fanno visita alle famiglie guidati dalla lanterna zucca e ottengono dolci in cambio della loro “benevolenza”. Trick-or-treat è l’usanza del “dolcetto o scherzetto”. Trick or treat letteralmente significa: “trucco o divertimento”, “stratagemma o piacere”, ma che ha il significato originale di “maledizione o sacrificio”.

5. Fatti storici – La cupa leggenda di Jack occulta dei fatti storici e, in modo magico, mira a rievocarli. Alcuni secoli prima di Gesù Cristo, una setta segreta teneva sotto il suo impero il mondo celtico. Ogni anno, il 31 ottobre, giorno di Halloween, questa celebrava, in onore delle sue divinità pagane, un festival della morte. Gli anziani della setta andavano di casa in casa reclamando offerte per il loro dio e capitava che esigevano sacrifici umani. In caso di rifiuto, proferivano delle maledizioni di morte sulla casa, da qui è nato il “trick or treat”.

6. Considerazioni riguardo la…
…Leggenda: questa è montata sulla duplice menzogna che l’uomo può essere più furbo del diavolo e che le porte degli inferi si chiudono a qualcuno. Inoltre si sviluppa secondo pratiche sataniche: chiedere al diavolo l’esaudimento di desideri, fare un patto col diavolo, il mandato satanico a manifestarsi agli uomini, ritualità esoterica.
…Tradizione: il fenomeno Halloween, nella tradizione, nei costumi e nel commercio, è un insieme di rituali e una pratica di stregoneria sia che chi lo faccia consapevolmente o no.
…Storia: la storia rivela come dietro il fenomeno Halloween ci sono stati rituali e sacrifici satanici, Ai nostri giorni sappiamo che i satanici praticano dei sacrifici umani durante questa notte.

7. Attenzione: HALLOWEEN È SOSTANZIALMENTE MAGIA – S’impone un’irremovibile presa di posizione riguardo tutto ciò che ci viene propinato di Halloween e di magico in genere. Consideriamo che le parole che proclamiamo, i gesti che facciamo, gli sguardi che diamo non sono neutri ma significano la realtà spirituale che rappresentano.
Genitori, stiamo attenti a permettere che i nostri bambini si abituino, o ancor peggio, si educhino all’occulto.
Insegnanti, informiamoci sulle verità nascoste dietro la macabra creatività, potremmo scandalizzare, a nostra e a loro insaputa, gli alunni che ci stanno davanti. Certe filastrocche che i bambini devono imparare sono evocazioni dello spirito di morte.
Giovani e meno giovani, siamo accorti a non avvinghiarci al mondo esoterico attraverso i rituali di massa che, nelle feste come quelle dedicate ad Halloween, ci vengono proposti. Alcuni balli di gruppo sono rituali di iniziazione satanica.
Commercianti e venditori, abbiamo il coraggio di dire no a promuovere articoli che, dietro l’apparenza della mascherata, diffondono e creano mentalità esoterica. Molti oggetti venduti tra i prodotti di consumo sono amuleti, o loro riproduzioni, usati nelle pratiche di stregoneria.
Cristiani non lasciamoci fuorviare da apparenti tradizioni e mode, ma teniamo alta la vittoria che ha sconfitto il mondo, la nostra fede (cfr 1Giovanni 5,4). Non dimentichiamo che le disastrose conseguenze dell’inalazione magica non sono immediate, ma si manifestano a distanza di anni in depressioni, crisi e violenze.

8) I simboli – Pipistrelli, gatti neri, la luna piena, streghe, fantasmi…questi simboli hanno poco a che vedere con la vigilia di Samhain. Si tratta però di simboli usati nel mondo dell’occulto che hanno trovato un posto “naturale” alla “festa di Hallowen”. Le notte di luna piena sono il momento ideale per praticare certi riti occulti. I gatti neri vengono associati alle streghe per superstizione, si credeva infatti che le streghe potessero trasferire il loro spirito in un gatto, e per questo ne avevano sempre uno. Ai pipistrelli vengono attribuite capacità occulte perché hanno caratteristiche di uccello (che non mondo occulto sono simbolo dell’anima) e di demonio (perché vivono nelle tenebre). Nel medioevo si credeva che spesso il diavolo si trasformava in pipistrello. Diviene così chiara la ragione per cui il pipistrello è diventato parte di Hallowen. Le origini di Hallowen sono strettamente connesse alla magia, alla stregoneria e al satanismo. Gli adepti del satanismo e della magia riconoscono nel 31 dicembre uno dei giorni più importanti dell’anno: la vigilia di un nuovo anno per la stregoneria. A causa delle sue radici e della sua essenza occulta Halloween apre una porta all’influsso occulto nella vita delle persone. L’enfasi di Hallowen è sulla paura, sulla morte, sugli spiriti, la stregoneria, la violenza, i demoni. E i bambini sono particolarmente influenzabili in questo campo. Molti simboli sono chiarissimi in diversi prodotti anche alimentari, in questo periodo: svastiche, diavoli, ecc. La Parola di Dio, gli insegnamenti di tutta la tradizione cattolica, dalle prime comunità cristiane fino ad oggi sono chiarissimi, 150 sono i passi della Sacra Scrittura che dall’Antico (mai abolito da Gesù Cristo!) al Nuovo Testamento, vietano in ricorso più o meno inconsapevole a pratiche magiche, esoteriche, occultistiche, spiritiche e via dicendo. Ad esempio il Deuteronomio, al capitolo 18, versetti 9-14 dice: “Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio sta per darti, non imparerai a commettere gli abomini delle nazioni che vi abitano. Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia, né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti e gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore….tu sarai irreprensibile verso il Signore tuo Dio, perché le nazioni di cui tu vai ad occupare in paese, ascoltano gli indovini e gli incantatori, ma quanto a te, non così ti ha permesso il Signore tuo Dio”. In sostanza nella notte di Hallowen, chi partecipa ai vari “festeggiamenti” che in un modo o in un altro più o meno inconsapevolmente sono veri e propri riti che mettono in contatto con glio spiriti che altro non sono che gli angeli decaduti: i demoni. Las struttura spirituale che circonda l’uomo, come creatura, infatti è molto semplice: c’è Dio, il Figlio unigenito Gesù Cristo, lo Spirito Santo (Dio uno e Trino), gli angeli (nelle varie gerarchie) e gli angeli decaduti, cioè i demoni con il loro capo: Lucifero, poi divenuto Satana. Poi ci sono le anime dei beati-santi; purganti e quelle dannate, all’inferno. L’uomo è uno spirito incarnato, composto da tre componenti distinte: anima, corpo e spirito.

LA SPERANZA
Nonostante l’amara realtà di fenomeni come quello di Halloween, dobbiamo dire della grande speranza che viene dalla fede cristiana: la sua Chiesa articolata in tante realtà anche nuove ed emergenti, lo Spirito Santo sta anche suscitando la nascita, la formazione e la crescita di comunità cristiane in seno alla chiesa Cattolica. Comunità che collaborano con Parrocchie portando nuova vitalità evangelica. Sempre più giovani, anche se questo i notiziari non lo dicono, sì, stanno scoprendo e accogliendo Gesù, Signore Salvatore e Messia e vogliono dedicare a Lui la loro vita. Sempre più famiglie, dopo aver fatto esperienza dello Spirito Santo, desiderano vivere esperienze dove trovare nutrimento alla fame di comunione che oggi, il mondo denuncia.
La fede è necessaria per vivere l’Amore di Dio ma non è sufficiente, ci vuole la Comunità, la Chiesa nelle sue articolazioni e varietà di carismi e chiamate.
“Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, piuttosto denunciatele apertamente”. I VERI CRISTIANI vogliono fare la volontà di Dio e quindi fanno questa opera di informazione, doverosa, e crediamo utile, anche per le strutture stesso della Chiesa, spesso ignare di quanto sopra illustrato.
Anche diversi vescovi nelle Diocesi italiane stanno diffondendo le informazioni riportate.
Molti gruppi, movimenti, associazioni cattoliche, la notte del 31 ottobre si riuniranno in preghiera o organizzeranno feste cristiane alternative con la partecipazione di gruppi, cantanti o cantautori della musica cristiana contemporanea dei vari generi musicali e particolarmente, in quella occasione, di Lode e Adorazione contemporanea.


sabato 20 ottobre 2012

Breve vita di san Giuseppe da Copertino



San giuseppe da Copertino


Giuseppe Desa nasce il  17 Giugno 1603 in una stalla, perché il padre, Felice, custode del castello dei marchesi diCopertino, provincia di Lecce, si era dato alla macchia per aver firmato troppe cambiali in favore di alcuni amici.
Sua Madre, Franceschina Panaca, era una donna forte e rigorosa, tanto che Giuseppe, diventato frate, ricordando gli anni della sua infanzia disse che "il primo noviziato glielo aveva fatto fare lei".
L'ambiente poco sereno e inadatto per un bambino lo fece crescere un po' trasognato, distratto, tanto da meritargli il nomignolo di "boccaperta" per essere rimasto incantato all'ascolto del suono dell'organo durante le prove di canto.
A sette anni fu mandato a scuola, ma dovette presto lasciarla perché un tumore cancrenoso lo costringerà a letto per 5 anni. In questo tempo, ascoltando i racconti di mamma Franceschina maturò il desiderio di vedere Assisi e di camminare alla sequela di San Francesco.
Un giorno la mamma lo condusse presso il Santuario di Santa Maria delle Grazie, nel vicino paese di Galatone. Ricevuta l'unzione con l'olio della lampada votiva Giuseppe guarì all'istante e tornò a Copertino con le proprie gambe.
Sui 16 anni cominciò a fare il calzolaio, ma si rivelò un vero fallimento. Chiese in questo periodo di entrare tra i Frati Minori Osservanti ma ebbe poca fortuna e fu giudicato inadatto atutto. Fu accettato come "fratello laico" tra i Cappuccini e nell'agosto 1620 fu inviato a Martina Franca per l'anno di Noviziato col nome di fra Stefano, ma qualche mese dopo fu rimandato perché "inetto a qualsiasi mansione".
Uscito dai Cappuccini si vergognò di tornare a Copertino e andò presso uno zio Conventuale che lo avvisò della avvenuta morte del padre, e dei soldati che ora cercavano lui, come erede dei debiti da pagare. Fu necessario nasconderlo e il luogo più adatto sembrò la Grottella, una chiesetta dedicata alla Madonna. Con la provvidenziale complicità di un frate sacrista che gli passava il cibo, trascorse circa sei mesi come "clandestino di Dio" in un bugigattolo addossato al Convento della Grottella. Visse così finché il sacrista stesso si presentò allo zio e diede buona relazione sul giovane, sempre applicato alle cose di Dio. Fatto sta che gli zii, entrambi francescani, mossi a compassione gli concessero l'abito da terziario, che godeva allora dell'immunità del "braccio secolare": avrebbe fatto il servo in quel convento di campagna.
A 22 anni fu ammesso tra i "fratelli laici", tra i frati cioè che emettono i voti, ma non sono ammessi al sacerdozio. Fra Giuseppe fece il suo anno di Noviziato da solo sotto la guida dello zio, padre Giambattista Panaca: superando qualche ostacolo nell'apprendimento del latino e della Regola di San Francesco a memoria. Spesso lo sorprendevano di notte a leggicchiare di nascosto o a farfugliare qualche frase in latino. Non gli mancava la buona volontà di curare lo studio, per il dovere che avvertiva di riempire i vuoti del tempo passato. Studiava di nascosto e si esercitava nello scrivere anche di notte.
Gli zii, al vederlo così pieno di buona volontà, decisero di presentarlo ai frati come possibile chierico. Tanto evidente fu l'intervento della Provvidenza che fu ammesso a continuare gli studi. Nell'anno di prova egli seppe sempre corrispondere, pur nei limiti delle sue possibilità, all'obbedienza e fu capace di condurre vita austera. "Per la sua bontà" fu ammesso alla Professione. Ad essa non venne mai meno e non si concesse mai "sconti", continuando con fedeltà il cammino che si faceva ancora più arduo.
Scherzi della Provvidenza: Fra Giuseppe, riconosciuto come una persona scarsa di doti umane intellettuali e di una scienza adeguata, si prepara al sacerdozio. Fu presentato per ricevere gli Ordini Minori e ricevette la prima tonsura il 3 gennaio 1627; si predispose poi a ricevere il Diaconato. I candidati erano sottoposti ad un piccolo esame: leggere, cantare e spiegare il Vangelo. Fra Giuseppe si era preparato al limite delle sue forze, imparando a memoria il brano più breve dell'anno liturgico: "Beato il ventre che ti ha portato" a cui Gesù replica: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica".
Nell'imprevedibilità del disegno divino il Vescovo aprì la Bibbia a caso e a Fra Giuseppe capitò proprio proprio quel Vangelo, l'unico che sapeva bene a memoria! Fu lodato dal Vescovo anche per il suo buon canto e ricevette il Diaconato il 20 Marzo 1627.
Rimaneva l'esame di ammissione al sacerdozio: i candidati erano 5 per la Provincia di Puglia. I primi quattro avevano un curriculum regolare e conseguirono un buon risultato. Mentre stava per arrivare il turno di Fra Giuseppe un messaggero trafelato portò un ambasciata urgente al Vescovo: il trasferimento alla Diocesi di Anglona-Tursi.
Fatto sta che la tensione del vescovo sugli esami si allentò e così pensò di allargare anche all'ultimo candidato il giudizio positivo dato agli altri. Immensa fu la gioia di Giuseppe che si ritenne "miracolato" e fu ordinato sacerdote il 28 Marzo 1628. L'intervento divino, segno di una predilezione tutta particolare era ben chiaro: la consapevolezza di aver ricevuto veramente tutto da Dio diventerà per Fra Giuseppe uno stimolo a perseguire la santità.
I superiori lo lasciarono al Convento della Grottella anche per farlo sfuggire ad un controllo troppo evidente della sua miseria naturale. I dieci anni di apostolato che gli fu concesso dall'obbedienza di trascorrere alla Grottella (1628-1638), furono veramente ricchi di frutti spirituali, sia per Giuseppe, sia per i numerosi pellegrini e devoti che ricorrevano a lui, "il Santo della Grottella".
Egli invitava tutti a ringraziare Maria, a chiedere la sua materna intercessione, ad abbandonarsi con fiducia tra le sue braccia. Quando dovette partire per Napoli per la denuncia all'Inquisizione, dovette staccarsi per sempre da quella Madonna. Ma dovunque si trovasse, sino alla morte a Lei rimase sempre unito col cuore e con la mente.
P. Giuseppe si distingueva per lo spirito di preghiera alla quale dedicava molte ore del giorno: il Signore gli concesse doni straordinari come estasi e levitazioni che confondevano l'umiltà del nostro santo il quale per parte sua evitava quanto più poteva di farsi vedere. Bastava un solo richiamo alle cose divine, attraverso una lettura, un salmo, un'immagine religiosa per essere a volte lanciato fuori di sé: Confidò a un confratello: "Quando nello schioppo la polvere da sparo si accende manda fuori quel boato e fragore. Così il cuore estatico acceso di amore di Dio".
Il popolo cominciò a conoscere questi fenomeni, e spesso il nostro frate si ritrovava  con l'abito tagliuzzato dai devoti, gli oggetti da lui usati facevano miracoli. Il P. Provinciale pensò di mandarlo a visitare tutti i conventi della Provincia religiosa per accrescere la devozione e la preghiera dei frati.
Fu l'inizio della sua Via Crucis. Al ritorno a Copertino trovò l'ordine del Sant'Uffizio di presentarsi a Napoli al tribunale perché accusato di messianismo.
Giuseppe obbedì, pur con fatica e superò tutte le prove previste, perché i suoi costumi e la sua dottrina erano ineccepibili. Tuttavia ricevette l'ingiunzione di essere trasferito in un conventino appartato e di regolare osservanza. Così venne mandato in Assisi, dove, al contrario, la sua popolarità aumentò.
Padre Giuseppe vivrà ad Assisi quindici anni: chiuso in tre stanzette a ridosso della selva, la sua giornata era un lungo colloquio con Dio, culminante nella Celebrazione Eucaristica nella cappella del vecchio noviziato: "Col mistero del Santissimo Sacramento -diceva - Dio ci ha donato tutti i tesori della divina onnipotenza e ci ha fatto palese l'eccesso del suo divino amore".
Era nella Messa che Dio mostrava in lui lo splendore della sua potenza e dei suoi misteri rivelati ai piccoli. Giuseppe si sollevava in alto, cadeva con la faccia a terra, ballava, piangeva, gridava. A chi si meravigliava di queste strane manifestazioni spiegava: "Le persone che amano Dio sono come gli ubriachi, che non stanno in sé, e perciò cantano, ballano e fanno cose simili". Giuseppe non amava queste manifestazioni esteriori della grazia che lo esponevano alla curiosità della gente e quasi si scusava dicendosi affetto da una malattia ignota, mentre pregava il Signore di togliergli ogni manifestazione esterna, ma non fu esaudito.
La mattina del 23 Luglio 1653, al termine della Messa fu chiamato dal suo superiore in portineria, dove lo attendeva l'Inquisitore generale dell'Umbria che gli annunciava solennemente il suo trasferimento: rimase impietrito finché il suo superiore non  gli ricordò i meriti della Santa Obbedienza: allora P. Giuseppe si gettò in ginocchio per baciare i piedi del domenicano, ascoltò rassegnato il proclama del tribunale e quasi volò verso la carrozza, tra quattro soldati. Non aveva nulla con sé. Un ultimo sguardo all'amata Assisi e la carrozza si mosse per una destinazione ignota.
Pietrarubbia, un paesino nascosto tra i boschi di Carpegna, nelle Marche accoglierà P. Giuseppe nel convento dei Cappuccini: così avevano stabilito i superiori. Non potrà parlare con nessuno, scrivere a nessuno, non rivelare la presenza; le relazioni personali erano riservate ai soli Cappuccini del Convento; gli ordini sarebbero stati affissi sulla porta del refettorio e della celletta di fr. Giuseppe. Chi tentasse di contravvenire a questi ordini sarebbe stato scomunicato!
Nonostante l'accaduto P. Giuseppe era sereno e ai Cappuccini marchigiani non sembrava vero di avere tra loro quel Giuseppe da Copertino di cui tanto avevano sentito parlare. La cella di P. Giuseppe diventò ben presto un luogo di incontri spirituali in cui si trattavano argomenti di comune edificazione. Lui non accusava mai, non si lamentava, semmai si rallegrava che Iddio lo avesse sequestrato dal mondo e levato dalla curiosità che egli tanto aborriva.
La notizia che P. Giuseppe era a Pietrarubbia non tardò a circolare e molta gente si riversò nel piccolo paese tra le colline Marchigiane. Grazie e miracoli erano profusi con dovizia: l'Inquisizione, d'altra parte, non aveva dato disposizioni a riguardo della Messa, che egli continuò a celebrare in pubblico. Ma anche questo periodo ebbe termine. Il Vicario generale del Vescovo di Urbino  arrivò a Pietrarubbia con l'ordine di condurlo in altro luogo.
-"Dove mi porterete?" chiese P. Giuseppe.
- "Mi è stato vietato di manifestarvelo" rispose il Vicario.
- "Ci sarà Dio nel luogo dove mi portate?"
- "Padre, sì, senza dubbio"
- "E allora andiamo tranquillamente: il Crocifisso ci aiuterà".
Ecco la fede di Giuseppe da Copertino: la grazia lo aveva plasmato fino a farlo giungere alla perfetta assimilazione con la volontà di Dio. La sua ascesi era tutta volta a purificare e trasfigurare l'intera esistenza per evitare il ripiegamento su di sé. Alla scuola di Francesco assunse il Cristo come centro attorno al quale far ruotare tutta la sua esistenza e ordinare ogni aspetto della propria personalità. Viveva un amore incondizionato alla Chiesa, sempre disponibile alla pronta obbedienza ai pastori, accettando anche l'incredulità e il sospetto di alcuni ministri di Dio.
Grande era la sua devozione e tenerezza per la Madre di Dio, da lui contemplata nell'immagine della Grottella; devozione discreta, semplice: alle feste della Madonna si preparava con fervore e seguendo la sua fantasia con canzoncine e poesie.
Copertino, la Grottella, Napoli, Assisi, Pietrarubbia, poi ancora Fossombrone e infine Osimo tra i suoi confratelli conventuali: "Signore, voi sapete che la stanza di Osimo non fu né desiderata, né procurata affatto da me: Se volete che io vi vada voi disporrete in modo che in qualunque luogo io faccia il vostro servizio". E così partì, con quello che aveva addosso, per quella che sarebbe stata la sua ultima dimora.
Vedendo in lontananza la Basilica di Loreto disse. " Oh, che vedo? Quanti angeli vanno e vengono dal cielo! Non li vedete? Guardateci, guardateci bene!" E volò anche lui fino ad un mandorlo nella campagna: era traboccante di gioia e ritornato in sé, cominciò a cantare e pregare.
Arrivarono la sera del 9 Luglio al Convento di San Francesco in Osimo; entrarono e il Santo sussurrò "Haec requies mea": aveva trovato la sua sede terrena definitiva e il Signore stesso glielo aveva fatto capire.
Rifulgono nella figura di questo santo le meraviglie che Dio opera con coloro che si consegnano completamente nelle sue mani senza opporre resistenza sicuri della Providenza del Padre Celeste. Giuseppe era affabile, il santo della gioia che esprimeva nel canto, nella danza, nelle composizioni musicali o poesie: in punto di morte chiese ai frati che cantassero con lui.
Un uomo tutto donato e libero, liberato dalla grazia di Dio dalla quale si era lasciato lavorare, libero nell'Obbbedienza: "Io che prima non conoscevo la volontà di Dio e bramavo di tornare al mio paese, adesso la conosco molto chiara!"
Visse in Osimo e vi morì il 18 settembre 1663: un quarto prima di mezzanotte il volto si illuminò e concluse la sua vita terrena con un lungo e ineffabile sorriso.


giovedì 18 ottobre 2012

Evangelizzare


Evangelizzare

La Chiesa non comincia con il “fare” nostro, ma con il “fare” e il “parlare” di Dio attraverso di essa: è il Vangelo cioè la notizia che Dio ha parlato e quindi parla e parlerà, ha veramente rotto il grande silenzio, si è mostrato, è in continuità con noi, ci rende partecipi della sua vita come figli nel Figlio



“La grande sofferenza dell’uomo – in quel tempo, come oggi – è proprio questa: dietro il silenzio dell’universo, dietro le nuvole della storia c’è un Dio o non c’è? E, se c’è questo Dio, ci conosce, ha a che fare con noi? Questo Dio è buono, e la realtà del bene ha potere nel mondo o no? Questa domanda oggi è così attuale come lo era in quel tempo. Tanta gente si domanda: Dio è una ipotesi o no? È una
realtà o no? Perché non si fa sentire? “Vangelo” vuol dire: Dio ha rotto il suo silenzio, Dio ha parlato, Dio c’è. Questo fatto come tale è salvezza: Dio ci conosce, Dio ci ama, è entrato nella storia. Gesù è la sua Parola, il Dio con noi, il Dio che ci mostra che ci ama, che soffre con noi fino alla morte e risorge. Questo è il vangelo stesso. Dio ha parlato, non è più il grande sconosciuto, ma ha mostrato se stesso e questa è la salvezza.
La questione per noi è: Dio ha parlato, ha veramente rotto il grande silenzio, si è mostrato, ma come possiamo far arrivare questa realtà all’uomo di oggi, affinché diventi salvezza? Di per sé il fatto che abbia parlato è la salvezza, è la redenzione. Ma come può saperlo l’Uomo? Questo punto  mi sembra che sia un interrogativo, ma anche una domanda, un mandato per noi: possiamo trovare risposta meditando l’Inno dell’Ora Terza “Nunc,Sancte, nobis Spiritus”. La prima strofa dice: “Dignare promptus ingeri nostro refusus, pectoris”, e cioè preghiamo affinché venga lo Spirito Santo, sia in noi e con noi. Con altre parole: noi non possiamo fare la Chiesa, possiamo solo far conoscere quanto ha fatto Lui. La Chiesa non comincia con il “fare” nostro, ma con il “fare” e il “parlare” di Dio. Così gli Apostoli non hanno detto, dopo alcune assemblee: adesso vogliamo creare una Chiesa, e con la forma di una costituente avrebbero elaborato una costituzione. No, hanno pregato e in preghiera hanno aspettato, perché sapevano che solo Dio stesso può creare la sua Chiesa, che Dio è il primo agente: se Dio non agisce, le nostre cose sono solo le nostre e sono insufficienti; solo Dio può testimoniare che è Lui che parla e ha parlato. Pentecoste è la condizione della nascita della Chiesa: solo perché Dio prima ha agito, gli Apostoli possono agire con Lui e con la sua presenza e far presente quanto fa Lui. Dio ha parlato e questo “ha parlato” è il perfetto della fede, ma è sempre anche un presente: il perfetto di Dio non è solo un passato, perché è un passato vero che porta sempre in sé il presente e il futuro. Dio ha parlato vuol dire: “parla”. E come in quel tempo solo con l’iniziativa di Dio poteva nascere la Chiesa, poteva essere conosciuto il vangelo, il fatto che Dio ha parlato e parla, così anche oggi solo Dio può cominciare, noi possiamo solo cooperare, ma l’inizio deve venire da Dio. Perciò non è una mera formula se cominciamo ogni giorno la nostra Assise con la preghiera: questo risponde alla realtà stessa. Solo il precedere di Dio rende possibile il camminare nostro, il cooperare nostro, che è sempre un cooperare, non una nostra pura decisione. Perciò è importante sempre sapere che la prima parola, l’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire – con Lui e in Lui –evangelizzatori. Dio è l’inizio sempre, e sempre solo Lui può fare Pentecoste, può creare la Chiesa, può mostrare la realtà del suo essere con noi. Ma dall’altra parte, però, questo Dio, che è sempre l’inizio, vuole anche il coinvolgimento nostro, vuole coinvolgere la nostra attività, così che le attività sono teandriche, per così dire, fatte da Dio, ma con il coinvolgimento nostro implicando il nostro essere, tutta la nostra attività.
Quindi quando facciamo noi la nuova evangelizzazione è sempre cooperazione con Dio, sta nell’insieme con Dio, è fondata sulla preghiera e sula sua presenza reale” (Benedetto XVI, Meditazione del Santo Padre nel corso della Prima Congregazione Generale, 8 ottobre 2012).

Questo tema Benedetto XVI l’aveva trattato il 22 dicembre del 2005 affermando che si fraintenderebbe la natura del Concilio, tanto più quella di un Sinodo come tale ritenerli, agire come fossero o una Costituente. Non possono essere considerati come un specie di Costituente, che eliminerebbe una costituzione vecchia della Chiesa, una Chiesa pre-conciliare, pre - sinodale e ne creerebbe una nuova. Ma la Costituente ha bisogno di un mandante e poi di una conferma da parte del mandante, cioè del popolo al quale la costituzione deve servire. I Padri conciliari non avevano, come non ce l’hanno i Padri sinodali, un tale mandato e nessuno lo aveva mai dato loro; nessuno del resto, poteva darlo, perché la costituzione essenziale della Chiesa viene dal Signore e ci è stata data affinché noi possiamo raggiungere la vita eterna e, partendo da questa prospettiva, siamo in grado di illuminare anche la nostra vita nel tempo e il tempo stesso.  I Vescovi, mediante il sacramento che hanno ricevuto, sono fiduciari del dono del Signore. Sono “amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4,1); come tali devono essere trovati “fedeli e saggi” (Lc 12, 41-48). Ciò significa che devono amministrare il dono del Signore in modo giusto, affinché non resti occultato in qualchenascondiglio, ma porti frutto e il Signore, alla fine, possa dire all’amministratore: “Poiché sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto” (Mt 25,14-30; Lc 19,11-27). In queste parabole evangeliche si esprime la dinamica della fedeltà, che interessa nel servizio del Signore, e in esse si rende anche evidente, come in un Concilio, e tanto più in un Sinodo, dinamica e fedeltà debbano diventare una cosa sola. Lo strumento più grande della comunicazione del vero vivente nella vita della Chiesa è la sua stessa continuità dinamica: si chiama Tradizione.

martedì 16 ottobre 2012

Conversazioni con Dio..





 il tuo scopo nel divenire umano è...
decidere, dichiarare, creare, esprimere, sperimentare e realizzare chi sei realmente.
E' ri-creare te stesso in ogni momento secondo la più grande visione della più grande visione
che tu abbia mai avuto di Chi Sei Realmente
che tu abbia mai avuto di Chi Sei Realmente"

Attraverso la tempesta - Through the storm


domenica 14 ottobre 2012

Anno della Fede






Papa Benedetto XVI nella Lettera Apostolica Porta fidei,con la quale indice  l’Anno della fede, scrive: “Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà un’occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’eucaristia, che è ‘il 
 culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua energia”. Nel contempo auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno” (n.9).
Nell’anno della fede è raccomandato il pellegrinaggio alla tomba di Pietro e nei luoghi santi.
Occorre ravvivare poi la preghiera personale e comunitaria soffermandosi soprattutto sull’importanza del Credo. Come afferma il Santo Padre sempre in Porta fidei: “Nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a memoria il CredoQuesto serviva loro come preghiera quotidiana per non dimenticare l’impegno assunto con il battesimo” (n.9), quando ci è stata data quel germe di vita da risorti nella quale godremo ogni bene senza più alcun male: è il nuovo orizzonte e la direttiva per le scelte morali conseguente alla fede. Sarebbe un frutto importante dell’Anno della fede se i cristiani riprendessero questa antica prassi. Pregare con il Credo, infatti, aiuta ad entrare maggiormente nel cammino di fede perché chiede di conoscere sempre di più chi si ama, e così divenire nuovi evangelizzatori: ecco l’importanza del Catechismo della Chiesa Cattolica e del suo Compendio. E’ importante e decisivo partecipare ad altri la gioia di aver incontrato Gesù Cristo, il Risorto presente e avere creduto alla sua parola e riceverlo in persona nell’eucaristia: cambia la vita personale, familiare e sociale. La fede ha bisogno di essere ripensata e vissuta con sempre maggior convinzione, coraggio ed entusiasmo perché a quanti incontriamo sia offerta una parola di speranza e uno sguardo di amore.
Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, nato da Maria, proclamato nella fede il Signore e Cristo, nel corso della sua esistenza ha rivolto diverse domande. I Vangeli ne sono fedeli testimoni. Mentre camminava lungo il lago di Tiberiade, Giovanni Battista lo indicò ai suoi discepoli comel’Agnello di Dio. Due di loro lo seguirono. Accortosi Gesù chiese loro: “Che cosa cercate?” (Gv1,38). Pochi giorni dopo, mentre partecipava con sua madre a un pranzo di nozze, sollecitato da lei ad intervenire per la mancanza del vino, le chiese: “Donna, che vuoi da me?” (Gv 2,4). Nel periodo successivo, già più conosciuto per alcuni segni da lui compiuti in un villaggio della Galilea, fu chiamato dalla disperazione di un padre angosciato per la strana malattia del figlio posseduto dal Demonio. A quel padre Gesù chiese: “Da quanto tempo gli accade questo?” (Mc 9,21). Poco prima di compiere il suo segno, forse il più grandioso, nel villaggio di Betania, ben sapendo ciò che stava per fare, si rivolse a Marta, la sorella del defunto Lazzaro: “Chiunque vive in me, non morirà in eternoCredi tu questo?” (Gv 11,26). E, tuttavia, una tra tutte queste domande rimane come la più importante. E’ stata quella rivolta ai suoi discepoli in una regione lontana da Gerusalemme, a Cesarea di Filippo: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” Alla genericità delle risposte ricevute, Gesù incalzò di nuovo i discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?” La risposta chiara e decisa di Pietro anche a nome degli altri fu: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!” (Mt 16,13-16).
L’11 ottobre inizia l’Anno della fede. Se è vero che nella vita bisogna far sintesi in tante cose, lo stesso si deve dire per la fede. Essa consiste nel lasciarsi interpellare e per tante volte da Gesù nello stesso modo e con le stesse parole: “Voi, chi dite che io sia?”. Dovremmo anche noi rispondere come i discepoli: “Tu sei il Cristo!” E’ da questa risposta, e soprattutto da questa consapevolezza, da questo innalzare tutto il giorno mente e cuore a Lui, che certamente risale al tempo storico nel quale nacque, visse, morì e fu risuscitato Gesù di Nazareth, che è nata la fede cristiana, l’umanesimo nel mondo con al centro il valore e la libertà di ogni persona, senza discriminazioni tra uomo e donna, tra ebrei e greci, tra tutte le nazioni. Se morto l’ultimo apostolo, la già vivace comunità dei credenti in Cristo non avesse saputo di questa domanda e non avesse fondato la sua esistenza in essa, non si sarebbe sviluppato quel rapido  e consistente crescere di un movimento, giunto fino a noi e chiamato Cristianesimo. Questa comunità che tramanda in continuità la presenza, la verità dei Gesù Cristo, voluta da Gesù stesso, si chiamò Chiesa per indicare la raccolta, il convenire di tanti nell’unità del Dio con noi. Nel corso della storia ha vissuto momenti decisivi con il dono dello Spirito del risorto momenti decisivi come l’avvenimento più importante della Tradizione cioè i libri ispirati del Nuovo Testamento, con al centro i Vangeli, con cui il Risorto, Dio continua a parlare e come i 21 grandi Concili dopo quello di Gerusalemme, ultimo il Vaticano II, di cui celebriamo il 50° del suo inizio e il ventesimo del suo Catechismo.
Insomma, da questa domanda iniziale di Gesù e dalla decisa risposta di Simone con tutti gli apostoli, che continua nel Papa con tutti i Vescovi, sarà necessario lasciarsi guidare soprattutto quest’anno: a gennaio l’Enciclica sulla fede dopo quella sulla Carità e sulla Speranza. Sembra poco, ma non lo è per ché la fede e fondamento della morale e dell’etica, così urgenti. Quella domanda, infatti, ne veicola altre che dobbiamo porre con sincerità a noi stessi: Credo in Gesù Cristo come il tutto per la mia vita personale, familiare, ecclesiale, sociale cui innalzare in ogni momento mente e cuore e da cui tutto attingere? Credo che nell’attuale presenza sacramentale da Risorto rivivo tutta la sua esistenza storica per lasciarmi assimilare a Lui, per poter amare con il suo amore? Credo che egli sia venuto da Dio, come ognuno di noi, per essere Dio insieme a noi e giungere con Lui al di là della morte in anima e corpo? Credo che la sua parola è Dioche parla, è Parola di Dio che porta con sé la risposta alle domande sul senso della vita: chi sono? Da dove vengo con il concepimento e dove vado con la morte? Chi mi libera dal peccato e dalla morte. Come da tutti i mali?Nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società è un dono la certezza della fede completa della Chiesa come è presentata dal Catechismo della Chiesa Cattolica e dal suo Compendio, interpretazione sicura del Concilio Vaticano II? La chiarezza e la bellezza della fede cattolica sono ciò che rendono luminosa la vita dell’uomo anche oggi. Questo in particolare se viene presentata da testimoni entusiasti ed entusiasmanti! Credo che nulla di più bello poteva capitarmi che divenire cristiano fin da bambino con il Battesimo? Credendo questo , la mia vita è più sicura anche quando il quotidiano è messo alla prova? E’ più equilibrata? E’ più consapevole del suo senso? Vive meglio il dolore? E’ una vita che spera sempre? E’ una speranza che si vede? E’ una speranza che contagia? Se il mio corpo, come di fatto avviene, può invecchiare o perdere un po’ di salute, è forse accaduto qualcosa di simile alla mia fede? Ha bisogno di terapia, la mia fede? E’ ancora capace di costituire un organismo nel quale vive le difese immunitarie? E’ ancora capace di rimandare al mittente tutte le lettere esplosive che mi arrivano dai non pochi nemici della fede stessa attraverso i potenti mezzi di comunicazione, uno dei nemici è sicuramente la superficialità e la pigrizia?
Questi interrogativi, queste domande, che la coscienza ci pone, già illuminata dalla nostra fede, devono diventare occasione di risposta a tutti quelli che, con fatica di credenti o con comprensibile sfida di lontani dalla fede, in crisi, chiedono – forse inconsciamente – a Cristo stesso: “Tu chi sei?” (Gv 8,25). A volte quella domanda è più dura: “Chi pretendi di essere?” (Gv 8,53). In realtà l’esperienza ci fa sapere che dietro simili modi di atteggiare la propria ricerca si nascondo dolori, rivalse, rancori, problemi che la vita ancora non ha placato. Ebbene, l’Anno della fede parte proprio da questa consapevolezza: se è Dio che custodisce la fede, noi ne siamo gli amministratori e, come buoni operai del Vangelo, occorre entrare in quella sana “ansia” che accende la nostra mente e dà vigore alle nostre iniziative. L’anno della fede proposto dal Papa è paradossalmente l’iniziativa più semplice, certamente la più naturale che si possa proporre, non solo in tempi come questi di una certa calamità per la fede, ma tutto sommato sempre. Da ottobre in poi, al contrario, viene chiesto di prendere con più appassionata considerazione il caso serio della fede.”Mentre nel passato – Porta fidei 3,4 - era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone. Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta (Mt 5, 13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire d nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva (Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del pane della vita, offerto a sostegno di quanti sono suoi discepoli (Gv 6, 51). Occorre incontrare Gesù in un rapporto io – Tu, io noi.
Incontra Gesù Cristo:
1. partecipa alla Santa Messa almeno ogni Domenica. L’Anno della Fede intende promuovere l’incontro personale con Gesù Cristo da cui la fede e ogni testimonianza cristiana. Nel modo più immediato nell’Eucaristia. Una partecipazione regolare alal Messa rafforza la propria fede attraverso l’ascolto di Lui nelle Scritture e la risposta nella Chiesa con il Credo, l’accoglienza di Lui in persona nella consacrazione e la recezione nella comunione aiutati dalle orazioni, dalla musica sacra.
   2. confessati mensilmente. Come per la Messa, i credenti sanno che il Padre non guarda quante volte cadiamo, ma quante volte, attraverso l’incontro sacramentale con Cristo e il dono del suo Spirito ci risolleviamo, sapendo che lui ci ama non perché siamo buoni, ma perché Lui è buono e vuole progressivamente condurci all’amicizia con Lui.
3. prega con il Rosario.
Conosci Cristo:
1.            attraverso il Catechismo della Chiesa Cattolica e il suo Compendio. Nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società esso offre agli uomini la certezza della fede completa della Chiesa! La chiarezza e la bellezza della fede cattolica sono ciò che rendono luminosa la vita dell’uomo anche oggi! Questo in particolare se viene presentata da testimoni entusiasti ed entusiasmanti.
2.            rifarsi ai testi del Concilio Vaticano (1962 – 1965) che ha portato un grande rinnovamento nella Chiesa. Un rinnovamento nella celebrazione della Santa Messa, nel ruolo dei laici, nell’auto comprensione della chiesa e nella relazione con gli altri cristiani, con gli ebrei, con chi appartiene ad altre religioni e perfino con i non credenti. Per portare avanti il rinnovamento, i cattolici devono conoscere ciò che insegna veramente il Concilio, aiutati dal magistero post – conciliare, con il Catechismo.
3.            Conoscere le vite dei santi. I santi sono sempre validi per tutti i tempi come vivere una vita cristiana, come pensare cristianamente, e suscitano una speranza affidabile con cui affrontare il quotidiano, facile o difficile. Non solo essi erano die peccatori che incessantemente cercavano di camminare verso Dio, ma esemplificano anche le modalità con le quali servire Dio: l’insegnamento, il lavoro missionario consci che la fede si rafforza donandola, la carità e la disponibilità al bene, la preghiera e semplicemente sforzandosi di piacere a dio nelel azioni e nelle decisioni ordinarie della vita feriale.
4.            Incarnare le Beatitudini nella vita di tutti i giorni. Le Beatitudini (Mt 5,3-12) forniscono un ricco programma per la vita cristiana. Averle presenti aiuta ad essere più umili, più piccoli, più giusti, più trasparenti, più misericordiosi e più liberi. E’ precisamente attirare alla fede attirando alla Chiesa nell’Anno della fede.
Fede vissuta:
1.           Volontariato in parrocchia. L’Anno della Fede non può limitarsi alla fede professata, celebra, vissuta ma anche testimoniata. Un ottimo ambiente è la parrocchia, poiché i carismi particolare di ognuno e delle associazioni, movimenti, aiutano a costruire globalmente la comunità. Chiunque è benvenuto per l’accoglienza, come musicista liturgico, lettore, catechista e tanti altri ruoli della vita parrocchiale.
2.           Aiutare i bisognosi e l’impegno laicale per l’animazione cristiana della società puntando ad una economia sociale. La Chiesa sollecita i cattolici a donazioni di carità e a soccorre i bisognosi durante l’Anno della fede, poiché nel povero, nell’emarginato e nel vulnerabile si incontra Cristo personalmente. Aiutarli anche culturalmente, socialmente e politicamente ci conduce a faccia a faccia con Cristo e costituisce un esempio per tutti gli altri.