venerdì 17 dicembre 2010

I “POVERI DI DIO” - PASSO DEL VANGELO PER OGNI GIORNO - DI + S.Ecc. Mons. Andrea GEMMA

"Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato"
(Lc 14,11; cf 18,14)

Abbiamo visto l’aspetto escatologico delle beatitudini.
Rimanendo ora nell’ambito del commento alla prima di esse dobbiamo sottolineare “l’aspetto teologico” delle beatitudini stesse.
Dobbiamo dire subito che nel proclama di Gesù è evidenziata l’opera gratuita e infinitamente misericordiosa di Dio che premia sovrabbondantemente chi per amor suo accetta la povertà, l’umiliazione, in una parola tutto ciò che rende meno piacevole la nostra dimora terrena.
Torniamo ora al concetto di povertà.
È vero che la beatitudine corrispondente nel testo di Luca (cf 6,20) non ha l’aggiunta “di spirito”, propria di Matteo, e beatifica semplicemente i poveri.
Occorre tuttavia tener presente – e lo abbiamo accennato – che non è la miseria materiale, la privazione dei beni ad essere da Gesù beatificata.
Semmai questa povertà materiale è la premessa per facilitare ed attuare quella povertà interiore, ossia la povertà di spirito, che è, nel concetto evidenziato dall’Antico Testamento, la volontà perseverante di porre la propria fiducia ed ogni speranza in Dio quale ricchezza somma del credente.
È quanto emerge dall’introduzione del salmo 22: “Il Signore è il mio pastore non manco di nulla”.
Nella concezione ebraica pertanto venne ad emergere a poco a poco la categoria degli “anawim” ossia dei poveri di Jhavè.
Di essi parla il Concilio Vaticano II a proposito della vergine Maria e dice: “I libri dell’Antico Testamento (…) mettono sempre più chiaramente in evidenza la figura di una Donna, la madre del Redentore.
[Ella] è la prima tra gli umili e i poveri del Signore, che fiduciosi attendono da lui la salvezza e la ricevono” (LG 8).
Da queste espressioni emergono alcune cose che gli esperti fanno rilevare: la prima beatitudine, quella circa la povertà, di per sé sarebbe sufficiente ad offrire il contenuto di tutte le altre; in secondo luogo il concetto di povertà coincide praticamente con quello di umiltà, che è l’atteggiamento fondamentale e necessario della creatura cosciente dinanzi al Creatore; in terzo luogo ognuna delle beatitudini, che esplicitano il concetto di povertà, si può comprendere unicamente nell’aspetto positivo della ricerca di Dio quale sommo bene.
Guardando a Maria dobbiamo anche noi rivestirci di questa “umiltà” della quale Maria stessa proclama: “Il Signore ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”(Lc 1,52).

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