mercoledì 22 dicembre 2010

TESTIMONIANZA:_LETTERA DI MARIELLA AL PROPRIO PARROCO, MAMMA DI LUCIANO

Qual è il senso della vita? Le persone spesso sono assillate da questa e da altre domande fondamentali: Cosa posso conoscere che sia vero? Cosa posso sperare? Cosa posso fare per migliorare la mia vita? Chi sono davvero?
   Per i credenti la Sacra Scrittura è parola di Dio. È quindi una fonte primaria per trovare risposte alle domande che ciascuno prima o poi si pone; soprattutto, per sapere qual è il senso della vita.
   Per capire i significati della Scrittura abbiamo bisogno di una forza o potenza particolare, non umana, ma divina. La Bibbia chiama tale energia spirito santo. Si tratta di spirito perché non è materiale; è santo perché proviene da Dio. Fu infatti la potenza santa di Dio ad ispirare gli Scritti Sacri: “poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio.” (2Pt 1,21). “Ogni Scrittura è ispirata da Dio”. – 2Tm 3,16.
   Abbiamo la garanzia che possiamo avere lo spirito divino per comprendere la Scrittura: “Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). Siamo certi che Dio ce lo concederà? “Tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le avete ricevute, e voi le otterrete” (Mt 11,24). La condizione indispensabile è che viviamo la fede: “Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto” (Gv 15,7). Perché, allora, spesso non si ottiene ciò per cui preghiamo? “Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male” (Gc 4,2.3, ). “Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un'onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore, perché è di animo doppio, instabile in tutte le sue vie”. – Gc 1,5-8.
   Per comprendere la Scrittura occorre anche il nostro impegno personale. E qui ci sono di aiuto le ricche esperienze fatte da uomini e donne fedeli dell’antichità: uomini santi e donne sante che lungo i secoli hanno letto la Bibbia.
   È un modo di rispondere a Dio per persone che nutrono una salda fede nella sua iniziativa di parlare al genere umano. La parola di Dio giunge al credente per mezzo della Sacra Scrittura. La vita non consiste nel consumare i propri anni al meglio e nulla più. La nostra vita dovrebbe essere una risposta a Dio, ubbidendogli. Dio ha parlato e ci parla: tocca a noi ascoltare. Gli agnostici, i non credenti e – a volte – anche coloro che asseriscono di essere credenti, domandano: Dov’è Dio? Eppure, questa è proprio la domanda che Dio stesso per primo rivolse all’uomo: “Dove sei?”. - Gn 3,9.

Tutto questo per introdurre cosa?
Per introdurre questa bella lettera (Preghiera) scritta da una madre (Mariella) al proprio parroco (P.Maurizio).
La stessa viene riportata come scritta dalla stessa (Mariella):
“Padre Maurizio vi sto scrivendo questa lettera perché il mio cuore è molto addolorato per la malattia di mio figlio Luciano, sono 12 anni che è malato di leucemia (ed ha 14 anni), ha fatto molte cure, non riesce a guarire e la situazione si sta facendo dura.
Voi vi starete domandando “ma perché mi scrivi questa lettera e non mi hai mai parlato di persona?” ed ecco la risposta: “io quando vengo da voi a confessarmi vorrei parlarvi della mia sofferenza e della mia vita ma poi non riesco a parlare, non per colpa vostra, sono io che mi trovo in difficoltà, il mio cuore è pieno di tante emozioni, sensazioni è cose da dire, ma non riesco perché mi viene da piangere ed ecco che mi tocca scrivere per farvi sapere tutte le meraviglie di Luciano. Questo bambino è talmente meraviglioso che non ci sono parole per descrivere la sua voglia di vivere, prega tutti i giorni il Signore che lo guarisca e non si scoraggia mai. È lui che dà forza a noi, i Dottori dicono che non hanno mai avuto un caso del genere, che Luciano sopporta cure pesanti da tanti anni, tre anni fa gli avevano dato tre mesi di vita, la malattia era alla testa ed invece è ancora tra noi, infatti per loro è miracolato.
Io sto pregando da tanti anni per avere questa guarigione perché lui ha tanta voglia di vivere.
Padre, non riesco a spiegarmi perché il Signore ha scelto me per portare questa croce, soffro per mio figlio e per tutti i bambini che ogni giorno vedo morire in ospedale dove Luciano fa terapia, torno a casa con il cuore spezzato e mi rivolgo al Signore.
Da quando mio figlio si è ammalato la prima volta non ho smesso di piangere, non sapevo come affrontare la situazione, ero disperata, ed ecco che nella mia sofferenza incontro il Buon Gesù che è entrato subito nel mio cuore, così incominciai a pregare.
Luciano era ricoverato, io che le stavo accanto recitavo il S. Rosario, quando mi chiese di insegnarglielo e subito imparò.
Gesù, però, in quei giorni veramente ci ascoltava perché giornate così lunghe e dure senza di Lui non sarebbero mai passate e così Luciano giorno dopo giorno incominciava a conoscere Gesù sempre di più. In tutto questo tempo della sua malattia, Luciano non si scoraggiava mai, dice che prima a poi Gesù lo aiuterà.
“È meraviglioso questo bambino!”, è cresciuto con la sua malattia e con Gesù vicino. Lo sento parlare e resto sbalordita perché quando i Dottori dicono che è ricomparsa la malattia lui piange per dieci minuti, ma poi si rivolge a Gesù dicendo: “Ma perché sempre a me?”, poi si asciuga le lacrime e incoraggiandoci ci dice che la sua malattia è molto cattiva. Lui è più sicuro che Gesù è più forte della sua malattia.
Ed è per questo che rimango stupita. Perciò vi ho scritto, per dirvi che questo bambino è speciale, nonostante tutto quello che sta passando.
La sera prima di andare a letto lo vedo pregare con l’icona del crocifisso, stringendo tra le mani la sua corona e si addormenta.
In questi giorni ci sta chiedendo di andare a Lourdes ed io lo voglio portare, però devo aspettare che la sua malattia si rimargini.
Padre Maurizio, com’è strana la vita, ci sono giovani che si uccidono con la droga e Luciano che prega per ottenere la guarigione della sua vita. Io sto sempre a casa, non esco mai perché sono stanca di vedere le persone che si lamentano per cose inutili ma non hanno capito il vero senso della vita, invece di lamentarsi che imparassero a ringraziare nel quotidiano il Signore della Vita.
Desidererei essere povera, affrontare tutti gli ostacoli della vita, ma l’importante sarebbe per me vedere Luciano guarito”.


Gesù si ritirò nel territorio di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna cananea di quei luoghi venne fuori e si mise a gridare: ‘Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio’”. - Mt 15,21,22.
   Questa donna infranse diversi limiti che allora erano considerati sacrosanti. Gli ebrei non trattavano con i “gentili” (le gentes, le genti di altra nazionalità), ma questa donna straniera non se ne cura. Poi, non solo ferma una persona di sesso maschile (cosa allora disdicevole), ma la ferma mentre è accompagnata da altri uomini. Come se non bastasse, grida e vuole attenzione. Ma non era una pazza: era una madre disperata che aveva fede il Yeshùa, cui si rivolge chiamandolo “signore” e “figlio di Davide”. Da lui si aspetta che le guarisca la figlia.
   “Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli si avvicinarono e lo pregavano dicendo: ‘Mandala via, perché ci grida dietro’. Ma egli rispose: ‘Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele’” (Mt 15,23,24). Yeshùa non la degna neppure: lui non si occupa dei pagani. Tuttavia, si noti che Yeshùa non acconsente alla richiesta dei suoi discepoli di cacciarla. Sembra piuttosto che voglia provocarla: lei non fa parte delle “pecore perdute della casa d'Israele”.
   Lei, non badando neppure a quello che le aveva appena detto Yeshùa, non raccogliendo, “venne e gli si prostrò davanti, dicendo: ‘Signore, aiutami!’”. - Mt 15,25. 
   “Gesù rispose: ‘Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini’” (Mt 15,26). Ora Yeshùa non si limita a ricordarle che è straniera ed esclusa da Israele, ma usa con lei il termine che i giudei usavano con gli stranieri, ovvero “cani”, sebbene egli attenui quell’espressione dispregiativa con il vezzeggiativo “cagnolini”.
   “Ma ella disse: ‘Dici bene, Signore, eppure anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni’” (Mt 15,27). È incredibile questa donna. Da quando ha incontrato Yeshùa non ha fatto altro che ignorare tutte le convenzioni e perfino le offese che le erano state rivolte. Ha continuato a gridare e a supplicare. Ora, di fronte ad un altro no di Yeshùa, ingaggia con lui una battaglia verbale. Lei una dei cani? Ma sì, lo accetta, però “anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Sta affrontando Yeshùa sullo stesso terreno in cui egli si è addentrato! Il pane dei padroni? No, lei non vuole togliere di bocca il pane a nessuno; è mamma anche lei. Ma le briciole, quelle “che cadono dalla tavola”, quelle che vanno perdute… Si accontenta di quelle, lei.
   Ora la vince la battaglia verbale che ha ingaggiato con Yeshùa. Lui, Yeshùa, si fa vincere da lei e le dice: “’Donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi’. E da quel momento sua figlia fu guarita”. - Mt 15,28.  
   Ecco la versione di Mr 7,24-30: “Gesù partì di là e se ne andò verso la regione di Tiro. Entrò in una casa e non voleva farlo sapere a nessuno; ma non poté restare nascosto, anzi subito, una donna la cui bambina aveva uno spirito immondo, avendo udito parlare di lui, venne e gli si gettò ai piedi. Quella donna era pagana, sirofenicia di nascita; e lo pregava di scacciare il demonio da sua figlia. Gesù le disse: ‘Lascia che prima siano saziati i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini’. ‘Sì, Signore’, ella rispose, ‘ma i cagnolini, sotto la tavola, mangiano le briciole dei figli’. E Gesù le disse: ‘Per questa parola, va', il demonio è uscito da tua figlia’. La donna, tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto: il demonio era uscito da lei”. Questa versione spiega perché la donna viene definita “cane”: “Quella donna era pagana, sirofenicia di nascita” (v. 26).

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