martedì 29 marzo 2011

LA PRUDENZA (PARTE III)

Nella seconda a Timoteo, ritorna con maggiore intensità lo stesso insegnamento: Timoteo come pastore deve scongiurare tutti davanti a Dio "di evitare le vane discussioni, che non giovano a nulla, se non alla perdizione di chi le ascolta. Sforzati di presentarti… come uno scrupoloso dispensatore della parola di verità. Evita le chiacchiere profane" (2 Tm 2,14-16). "Un servo del Signore non deve essere litigioso ma mite con tutti" (2 Tm 2,24). Anche a Tito vengono dati pressoché gli stessi insegnamenti, di essere cioè "attaccato alla dottrina, secondo l'insegnamento trasmesso" (Tt 1,9), e guardingo circa le "questioni sciocche, le genealogie, le contese intorno alla Legge, perché sono cose inutili e vane. Dopo una o due ammonizioni sta' lontano da chi è fazioso, ben sapendo che è gente fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa" (Tt 3,9-10). Il pastore deve quindi evitare le dispute sciocche e la febbre dei cavilli e non andare oltre le due ammonizioni o richiami, perché l'insistenza sarebbe già una forma di partecipazione all'inutile disputa. Un altro grande settore in cui la prudenza si rivela come la virtù guida della santità cristiana è l'ambito delle decisioni. E' certamente deleterio non decidere mai nella vita: ciò equivarrebbe a far decidere sempre gli altri o, peggio ancora, a far decidere le circostanze. Più deleterio è decidere in maniera sconsiderata e stolta. L'ambito delle decisioni è ciò che determina nella vita di una persona la felicità o l'infelicità, l'adesione alla volontà di Dio oppure una corsa pazza lontano da Lui. Per questo la Bibbia dedica una grande attenzione ai criteri di una prudenza illuminata dalla fede. Può essere utile osservare in quali atteggiamenti la Scrittura identifica la virtù della prudenza del credente.Uno degli aspetti pratici di questa virtù, dal punto di vista biblico, è la capacità di ascoltare i consigli. Molto chiaramente il libro dei Proverbi afferma che "la sapienza si trova presso coloro che prendono consiglio" (13,10). E il libro di Qoelet preferisce un ragazzo a un re anziano che però non sa ascoltare i consigli (cfr. 4,13). Prendere delle decisioni importanti e non ascoltare chi fosse eventualmente in grado di dare un consiglio luminoso è certamente sinonimo di imprudenza. Dall'altro lato, vi sono alcuni da cui non bisogna prendere consiglio. La Scrittura si premura di avvisarci anche su questo: "Ogni consigliere suggerisce consigli, ma c'è chi consiglia a proprio vantaggio" (Sir 37,7). Da questa categoria di consiglieri bisogna guardarsi. Prima di accettare un consiglio è necessario accertarsi che il nostro interlocutore non abbia interessi personali e non sia un uomo dalle vedute ristrette. In questo senso vanno compresi i detti del v. 11: "Non consigliarti con una donna sulla sua rivale, con un pauroso sulla guerra, con un mercante sul commercio… non dipendere da costoro per nessun consiglio".Ancora: "Non consigliarti con chi ti guarda di sbieco" (Sir 37,10); vale a dire: non prendere consigli da chi non ti ama. La prima caratteristica che deve avere chi ci consiglia è l'amore. Il consiglio di chi ama il suo prossimo è spesso ispirato da Dio e meritevole di fiducia, come si legge in Sir 39,7: "Il Signore dirigerà il consiglio del saggio". E qui entriamo in pieno nella categoria dei consiglieri lodati dalla Scrittura: "Frequenta spesso un uomo pio che tu conosci come osservante dei comandamenti e la cui anima è come la tua anima" (Sir 37,12). Il tuo consigliere deve quindi essere un uomo sottomesso a Dio, ricercatore della volontà di Dio e, al tempo stesso, sia nel suo animo in qualche maniera simile a te. La Scrittura ci invita anche a non illuderci, perché uomini siffatti sono pochi: "Siano molti a vivere in pace con te, ma i tuoi consiglieri uno su mille" (Sir 6,6). La capacità di ascoltare il consiglio di uomini saggi non deve essere disgiunta dalla capacità di ascoltare il proprio cuore, ossia la propria coscienza: "Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui. La coscienza di un uomo talvolta suole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto" (Sir 37,13-14). Questo medesimo insegnamento si è senza dubbio personificato in pieno nella figura di Giuseppe, sposo di Maria, allorché si accorse che la sua fidanzata era incinta, sapendo di non essere lui il padre di quel Bambino (cfr. Mt 1,18-21). Egli si sprofonda nel silenzio e ascolta la risposta divina che sale dall'intimo del suo spirito di uomo giusto. In realtà è questo l'elemento più determinante: qualsiasi consiglio ottimo noi possiamo ricevere dall'esterno, non può avere validità se non quando diventa veramente nostro, perché lo abbiamo riconosciuto veritiero nell'intimo della nostra coscienza. Non è il consiglio, anche buono, degli altri che deve dirigerci, ma è la nostra coscienza che, esaminati tutti i consigli provenienti dall'esterno, giudica e sceglie quello che le appare più conforme alla volontà di Dio.Per la Scrittura è prudente anche l'uomo che non attende risultati immediati dalle sue opere. Questo concetto è espresso in maniera allegorica dal libro dei Proverbi: "Le ricchezze accumulate in fretta diminuiscono, chi le raduna a poco a poco le accresce" (13,11). E ancora: "Chi va a passi frettolosi inciampa" (19,2). Il NT applica questa idea ai tempi lunghi che sono necessari al cammino del cristiano per poter vedere qualche frutto nello Spirito: "Guardate l'agricoltore: egli aspetta il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera" (Gc 5,7).

Nessun commento:

Posta un commento