domenica 25 dicembre 2011

Auguri di Buon Natale



«Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce». È con queste parole ricche di speranza che in questo Santo Natale rivolgo a tutti voi, fratelli che ci seguite su questo blog, l’augurio di serenità, pace e speranza. La nostra società sembra trovarsi immersa nella paura, povera di fiducia nel futuro, la crisi sta attanagliando famiglie e imprese…
Per molti, troppi, questo sarà un Natale all’insegna del dolore… Eppure una Luce c’è. Dio che si è fatto uomo non abbandona l’uomo: offre una Luce. Ed è questa Luce che può ridare speranza, far ritrovare la forza di affrontare le difficoltà che sempre la vita ci pone davanti, difficoltà spesso causate dalle nostre stesse fragilità ed egoismi. Ma anche nelle tenebre il popolo vide una grande Luce.
Vi incoraggio perciò ad accogliere con fiducia questa Luce che è presenza viva del Signore nella nostra vita, accanto alle nostre fatiche, sapienza che ci guida e ci indica la via dei valori veri e autentici, dei comportamenti di giustizia, amore che sempre ci sostiene e rialza.
Con questa speranza nel Dio presente e vivo nel nostro quotidiano vi auguro un Natale in cui la gioia e la pace del cuore prendano il posto della paura e della tristezza.
Auguri a tutti di Buon Natale

lunedì 5 dicembre 2011

Lettera di preparazione al Natale 2011

Lettera di preparazione al natale

AVVENTO



"Perché si festeggia il Natale all'inizio dell'inverno?" La risposta si trova nel Libro della Natura. Ogni vita comincia da un seme: un seme sepolto nell'oscurità della terra o nel ventre di una donna. L'inverno è la stagione in cui, nelle sementi messe nella terra, si fa un lungo lavoro di germinazione che terminerà in primavera, allo sbocciare di una moltitudine di esistenze nuove. Un lavoro identico si compie nella psiche di ogni essere: in quella terra nera che è la natura inferiore, il seme del Sé divino, il Cristo, deve cominciare a germogliare. La notte di Natale, i cristiani celebrano questo avvenimento. Sì, proprio di notte, a mezzanotte, nel momento della più grande oscurità ha luogo una nascita. Ecco perché, malgrado il freddo e l'oscurità, Natale è anche la festa della luce."
                  

Il tempo della speranza
Il tempo dell’avvento apre l’anno liturgico e ci ricorda un aspetto fondamentale della nostra fede e che troppo spesso viene dato per scontato:  la presenza di Dio nella storia, una presenza che è costante, continuativa e tangibile. Nato come tempo di preparazione all’incontro definitivo con il Cristo che verrà nella  parusia alla fine dei tempi (seconda venuta), in un secondo momento diventato celebrazione del Natale e ricordo della venuta storica del Figlio nella carne (prima venuta), si è  infine  configurato come il tempo della celebrazione della  venuta quotidiana di Gesù nella vita dell’uomo (venuta intermedia). Il tempo dell’avvento rappresenta così più un dato strutturale che occasionale della fede dell’uomo e disegna le  coordinate essenziali del rapporto dell’uomo con Dio, un rapporto fatto di speranza, attesa e vigilanza, poiché Dio visita il suo popolo e si preoccupa in mille modi di dare segnali inequivocabili della sua presenza. In questo senso siamo invitati a rivedere il nostro vocabolario interiore per considerare come il nostro Dio non sia tanto “un Dio che ritorna”, quasi si fosse allontanato momentaneamente e dopo un periodo di assenza facesse ritorno, quanto piuttosto un Dio che sta alla porta del nostro cuore e bussa, attendendo che apriamo la porta per venire e cenare con noi (Ap 3, 20). La venuta continua di Dio nella nostra vita è il fondamento della nostra speranza e tuttavia noi viviamo un rapporto strano con la speranza, spesso  infatti  ci rifugiamo  in quei due estremi che  in realtà  ci allontanano dalla speranza: la presunzione che ci fa sentire autosufficienti (specie quando le cose ci vanno bene e siamo portati a dimenticarci di Dio) e la  disperazione che ci getta nello sconforto e nella depressione (specie quando siamo provati e veniamo a contatto con la precarietà della nostra condizione umana). Eppure noi non possiamo fare ameno della speranza, che rappresenta come  l’ossigeno della nostra interiorità, al punto che potremmo stabilire non solo che “finché c’è vita c’è speranza”, ma anche che finché c’è speranza c’è vita, giacché una vita senza speranza forse non può nemmeno essere considerata vita. Siamo grati allora alla liturgia che ci permette di vivere in questo periodo dell’anno uno degli aspetti più importanti della nostra fede e che si configura per noi come la possibilità di riaccendere la capacità di desiderare e di appassionarci, dal momento che il vero motore del nostro cuore non è tanto la forza di volontà, che rimane sempre una parte importante, quanto piuttosto il  desiderio, quell’energia che ci rende capaci di tirare fuori le nostre energie migliori e spesso sepolte, e condurci alla dimensione della gratuità, della celebrazione, della lode.
Vivere l’oggi Credo sia importante che lo svolgimento delle nostre riflessioni segua le indicazioni che ci vengono direttamente dalla Sacra Scrittura, è sempre infatti la via più semplice e più sicura, capace di introdurci nel mistero e di scaldare il cuore, riaccendendo in noi il desiderio di seguire Gesù a partire dal nostro battesimo, nella via dei consigli evangelici e della nostra spiritualità, facendo rivivere così in noi la grazia delle origini.
Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua collera, consumiamo i nostri anni come un soffio. Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi voliamo via.
Chi conosce l’impeto della tua ira e, nel timore di te, la tua collera? Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio. (Sal 89, 9-12).
Tutte le volte che nella Bibbia ci imbattiamo in un racconto apocalittico, nel linguaggio escatologico o in una riflessione sapienziale sulla morte e sulle cose ultime, ci troviamo in realtà di fronte ad una provocazione sulla nostra condotta e ad un giudizio sul nostro oggi. Da sempre la pedagogia biblica ha intuito l’importanza di scuotere la coscienza dei credenti con scenari dal forte impatto emotivo, allo scopo di farli riflettere sulla direzione che stava prendendo la loro vita e di costringerli a fare un più accurato discernimento per il futuro prossimo. Allo stesso modo le  parabole del giudizio non hanno come obiettivo la descrizione dell’inferno e dell’aldilà, tantomeno un certo terrorismo religioso che dovrebbe suscitare una conversione; ma sono piuttosto una provocazione a fare discernimento, perché non accada all’uomo di sprecare l’unica vita che gli è data. In altri termini tutte le volte che compare il futuro nella Parola di Dio, questo ha sempre un fortissimo rapporto con il presente, al quale è intrinsecamente intrecciato e dal quale dipende in modo diretto. In tutte le parabole del giudizio, infatti, ci si riferisce alla fine, quella realtà che consegna alla storia l’eredità di ciò che siamo stati e non siamo stati, di ciò che abbiamo fatto e che non abbiamo fatto, esponendoci a quel giudizio che è in grado di pesare la qualità del nostro cuore in modo definitivo ed oggettivo, visto che la libertà di cui siamo provvisti  non ha più  il  potere di imprimere una direzione al nostro agire. Possiamo contare almeno una quindicina di  parabole della fine e diventano 17 se consideriamo anche alcune espressioni forti che Gesù ha utilizzato nei suoi dialoghi con le persone che ha incontrato, ne consegue che l’argomento era di  capitale importanza per Gesù, che non si è risparmiato nel farsi prossimo all’uomo bisognoso di correzione.
* La parabola del portinaio (Mc 13, 33-37).
*Il regolamento amichevole dei conti (Mt 5, 25-26; Lc 12, 58-59).
*Il ladro nella notte (Mt 24, 43-44; Lc 12, 39-40).
* L’economo fedele e malvagio (Mt 24, 45-51; Lc 12, 42-46).
* La parabola dei talenti (Mt 25, 14-30; Lc 19, 12-27).
* La parabola della rete (Mt 13, 47-50).
* Il debitore spietato (Mt 18, 23-25).
* La parabola delle dieci vergini (Mt 25, 1-13).
* La separazione delle pecore e dei capri (Mt 25, 32-46).
* Il ricco stolto (Lc 12, 16-21).
* I servi vigilanti (Lc 12, 35-38).
* La parabola del fico sterile (Lc 13, 6-9).
* La parabola della porta chiusa (Lc 13, 24-30).
* La parabola del fattore infedele (Lc 16, 1-8).
* Il povero Lazzaro ed il ricco epulone (Lc 16, 19-31).
* Il grande banchetto (Mt 22, 1-10).
* Il paragone di Noé e Lot (Lc 17, 26-37).
In tutti questi racconti emerge il consiglio evangelico di diventare saggi, che potrebbe in qualche modo diventare l’aspetto su cui vigilare in questo tempo di avvento, una saggezza che viene dal contatto più riconciliato con la nostra condizione di creature: “riconoscano le genti di essere mortali” (Sal 9, 21). Ognuno di noi è invitato ad imparare a contare i propri giorni per giungere alla sapienza del cuore, per dirla in termini paolini a divenire più sobrio ed essenziale “passa infatti la figura di questo mondo”. (1 Cor 7, 31).
La vigilanza cristiana
Il tema fondamentale di queste parabole  e di questo tempo di avvento  può essere sintetizzato nella vigilanza, quella sobrietà e quella presenza a se stessi che ci permette di non vivere in superficialità, ma di andare al nocciolo delle cose, alla realtà fondamentale che spesso viene messa da parte e dimenticata perché data per scontata e per acquisita una volta per tutte con la professione dei consigli evangelici. Emerge la  serietà del giudizio che porta Gesù e che è già all’opera con la sua presenza, una serietà che non rivela solo la realtà di Dio (la sua  misericordia), ma anche  la  realtà  dell’uomo (la sua  libertà). La necessità di vivere  pienamente  nel presente si fondava nella primitiva comunità cristiana proprio nella consapevolezza che Gesù, poiché risorto, sarebbe  “tornato” e con il suo ritorno avrebbe portato alla luce il segreto che c’è nel cuore di ognuno; da qui l’esigenza di vivere nell’amore e nel bene per non essere trovati mancanti. Poiché il ritorno del Signore tardava la comunità ha iniziato a riflettere sulla venuta del Signore nella storia, un fatto che accompagna lo svolgimento dei giorni non solo in modo puntuale ed eccezionale ma in modo permanente. L’uomo ha iniziato così a capire che il mondo andava abitato, trasformato, evangelizzato, cambiato, e questo ha come allontanato da lui il senso di provvisorietà e di precarietà e ha aumentato il desiderio del benessere e il senso di abitare questo mondo il più a lungo possibile e con il maggiore numero di benefici.
Dopo 2000 anni di cristianesimo noi abbiamo perso il senso dell’attesa  vigilante  e abbiamo iniziato paradossalmente a vivere nel presente dimenticandoci del futuro, abbiamo iniziato ad abitare nella storia finendo per preoccuparci così tanto delle cose quotidiane da mettere in secondo piano quelle eterne:
«Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.». (Col 3, 1-4).
Il  cortocircuito in cui ci imbattiamo oggi quando si affaccia il periodo dell’avvento e che non ci permette più di cogliere il significato autentico di questo tempo liturgico è dato dal fatto che è cambiato il modo di vivere il presente. Se nella cultura biblica il presente era il modo di preparare il futuro, nella nostra cultura il presente viene vissuto con due semplici principi: vivere la giornata e gestire le emergenze, anche nella nostra vita di fede e nella gestione dei compiti pastorali. Tutto ciò che richiede un lungo termine viene vissuto con un certo fastidio e il presente viene come isolato da entrambe i lati, dal passato e dal futuro, e quindi viene separato dalla storia, al punto che qualcuno ha definito la cultura post-moderna il tempo del presente continuo.
Le parabole della fine, proprio per questo motivo, ci invitano a riscoprire  la necessità delle opere per entrare nel regno, ci spingono a rivedere la nostra capacità di amare e si tramutano sempre in una  parenesi morale grazie alla quale siamo richiamati a ciò che è fondamentale, il modo di vivere la nostra unica vita. È significativo ricordare che l’uditorio di Gesù era al quanto sbadato, perso nel quotidiano, sommerso dalla realtà più che immerso in essa, nulla di nuovo sotto il sole. Spesso poi era costituito da persone che spadroneggiavano sul prossimo, degli  approfittatori che credevano di non  dovere  rendere conto  del loro operato e che quindi andavano scossi, perché avevano bisogno di essere responsabilizzate e soprattutto attendevano che qualcuno le facesse passare dal piano delle cose e dei problemi a quello del senso e del significato della vita. Gesù ha ben chiaro dentro di sé il primato di Dio su tutto e su tutti e vede nel Padre il bene supremo dell’uomo, per questo lo annuncia rivelando loro la durezza del loro cuore. Furono soprattutto i Padri orientali che iniziarono a leggere le parabole del giudizio vedendo nella  vigilanza interiore e nella  custodia del cuore il messaggio e la provocazione urgente per la vita spirituale del cristiano, e proposero la necessità di vegliare sui propri sentimenti e sulle proprie  fantasie come medicina preventiva contro  i due peccati contro la speranza: la presunzione che genera superficialità da una parte e la disperazione che produce moralismo dall’altra. Così anche noi siamo invitati in questo tempo di avvento a centrarci, concentrarci e decentrarci su ciò che è eterno, per entrare nella spiritualità autentica, calibrando il nostro lavoro, le nostre energie e il nostro cuore su ciò che non passa, diventando saggi e quindi più capaci di vivere bene il nostro oggi.
La parabola delle dieci vergini (Mt 25, 1-13)
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”.  Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.».
La parabola delle dieci vergini è forse uno degli  esempi più eloquenti di invito alla vigilanza cristiana come custodia del cuore e traduzione nelle opere buone della propria fede, un prezioso vademecum per il tempo di avvento. La parabola è costruita sul  contrasto tra due gruppi di fanciulle invitate ad un corteo nuziale e non sfugge anche ad un lettore poco esperto la presenza di tratti inverosimili e contraddittori all’interno del testo.
Sembra che Gesù non sia tanto preoccupato della logica interna del racconto, quanto piuttosto della logica che si snoda più in profondità  sul piano del significato. Come è possibile che lo sposo arrivi a mezzanotte? Che senso ha dire alle fanciulle rimaste senza olio di andare a comprarlo in piena notte? Come può uno sposo in un momento così gioioso essere  così duro? E dov’è la sposa, protagonista indiscussa di ogni matrimonio? Domande a cui sarebbe inutile tentare di rispondere, semplicemente  perché  Gesù voleva comunicare qualcosa  di più importante, di  più  serio,  di  più  urgente,  e soprattutto di  severo. La  parabola si comprende meglio se la si accosta a quella immediatamente precedente del maggiordomo fedele nel servizio:
“Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni” (Mt 24, 46-47). Le due parabole costituiscono infatti come un  dittico dove l’evangelista dipinge due modi sbagliati di vivere in questo tempo: l’atteggiamento di chi calcola il ritardo della venuta del Signore e ne approfitta e l’atteggiamento di chi non è preparato ad attendere a lungo. L’attesa del Signore, il modo cristiano di vivere il tempo presente, chiede infatti di coniugare insieme prontezza e costanza.
La risposta dello sposo alle fanciulle stolte “non vi conosco” ricorda le parole forti di Gesù ai falsi discepoli “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi  che operate l’iniquità” (Mt 7, 23). Sono falsi discepoli coloro che nel suo nome hanno profetato, cacciato demoni e operato miracoli, omettendo però di fare la sua volontà. L’imprevidenza delle fanciulle stolte consiste allora nel vivere una separazione tra il dire ed il fare, tra la preghiera e la vita: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa’  la volontà del Padre mio che è nei cieli.» (Mt 7, 21). La contrapposizione tra sagge e stolte  poi, richiama alla memoria la parabola dei due costruttori (Mt 7, 24-27): uno che edifica la casa sulla roccia, l’altro sulla sabbia. Saggezza è fondare la propria esistenza  sull’ascolto e la pratica, stoltezza è ascoltare e non fare. In questo contesto diventa significativo il fatto dell’impossibilità di comprare  in extremis l’olio necessario, l’incontro con il Signore va preparato prima, non è cosa che si possa rimediare all’ultimo momento, la furbizia di chi pensa sempre di cavarsela non serve.  Potremmo osservare in conclusione che  il punto di forza  della parabola consiste nella provocazione a non spendere male l’unica vita che ci è data, a vivere bene il presente come luogo della sintesi tra azione e contemplazione, capisaldi che la vicenda di Marta (cultura occidentale?) e Maria (cultura orientale?) ci insegna a non tenere distinti ma piuttosto uniti.
Dalle nostre Costituzioni
La vita di oblazione suscitata nei nostri cuori dall’amore gratuito del Signore
ci rende conformi all’oblazione di colui che, per amore,
è totalmente donato al Padre e totalmente donato agli uomini.
Essa ci induce a ricercare sempre più fedelmente,
con il Signore povero e obbediente,
la volontà del Padre su noi e sul mondo.
Ci rende attenti agli appelli che ci fa giungere
attraverso gli avvenimenti piccoli e grandi,
e nelle attese e realizzazioni umane. (Cst 35)
Lungi dall’estraniarci dagli uomini,
la nostra professione dei consigli evangelici
ci rende maggiormente solidali con la loro vita.
Nel nostro modo di essere e di agire,
con la partecipazione alla costruzione della città terrestre
e all’edificazione del Corpo di Cristo,
dobbiamo testimoniare efficacemente
che il Regno di Dio e la sua giustizia
devono essere cercati prima di tutto
e attraverso tutto (cf. Mt 6,33). (Cst 38) - Mons. Tonino Bello

Comunità
“Apostoli del Signore”




NB La Comunità "Apostoli del Signore" si riunisce per la Preghiera, tutti i Venerdì alle ore 18:30, presso il Santuario "Nostra Signora di Fatima" in Marcianise (Ce)

venerdì 2 dicembre 2011

LASCIAMO PARLARE GESU’


LASCIAMO PARLARE GESU’



Preparatevi a vedere con occhi nuovi la vostra teologia. Preparatevi a vedere Gesù in una luce del tutto nuova. Sapevate che affrontiamo i nostri problemi dalla parte sbagliata? Siamo stati tanto preoccupati dei nostri problemi, da non aver preso in considerazione il pensiero che anche il nostro Signore ne ha uno. E se riusciamo a capire il Suo problema, presto arriveremo alla radice dei nostri.

Il problema del nostro Signore è che Egli è solo. Ha un problema quasi insormontabile di comunicazione con quelli che tra noi dicono di amarLo così tanto. I Suoi sentimenti e bisogni sono stati del tutto trascurati da molti dei Suoi stessi figli.

Cerchiamo di soddisfare il cuore di Gesù soltanto attraverso la lode. Cantiamo, gridiamo e innalziamo cori di lode e di adorazione, e ciò è meraviglioso e scritturale. Entriamo nelle Sue porte con lode e nei Suoi cortili con ringraziamento. Lo lodiamo con strumenti musicali. Lo lodiamo con il canto, con le mani alzate, con lacrime e forti "osanna". Ma è ancora una comunicazione unilaterale. Dio comanda a essere vivente di lodarLo. Ma la lode da sola non soddisfa il bisogno del nostro Salvatore.

Non Lo Lasciamo Mai Parlare

Mi chiedo se il Signore si stanchi mai dei Suoi figli che vanno nella Sua presenza e non si fermano neppure una volta per ascoltare. Niente è più vuoto e insoddisfacente di una conversazione unilaterale. Provate ad ascoltare qualcuno per qualche ora senza poter dire una parola. Vi lascerà con una sensazione di solitudine. La persona che si è "tolta il peso dallo stomaco" se ne va via sentendosi meglio - ha detto quello che aveva da dire. Ma chi l'ha ascoltata, senza poter offrire una sola parola di consiglio o poter aprire il suo proprio cuore, rimane lì insoddisfatto.

Quanto spesso abbiamo lasciato il nostro Signore lì da solo nella "cameretta segreta" della preghiera, solo e insoddisfatto? Noi corriamo nella Sua presenza con un "Lode a Te Gesù; ti adoro, Gesù! Gloria a Gesù! Ecco la mia lista della spesa e la mia tessera sanitaria spirituale. Amen". Quante volte Egli è stato tanto pronto e ansioso di aprire il Suo cuore per parlare, ed ecco, nessuno era lì ad ascoltarlo.

Se preghiamo per un'ora, parliamo per un'ora. Se preghiamo per ore, parliamo per ore. Se preghiamo tutta la notte, parliamo tutta la notte. Milioni di voci parlano, parlano e lodano. Ho trascorso tutta la mia vita di predicatore cercando di convincere la gente a pregare. Ma ora vedo che non era esattamente quello il problema. Il vero problema è che lasciamo il Salvatore nella cameretta segreta, solo, insoddisfatto, abbandonato - senza permettergli di dirci neanche una parola. Lasciamo quella cameretta di preghiera dopo aver liberato i nostri cuori dal peso che sentivamo. Abbiamo raccontato tutto a Lui, e la gioia ha riempito i nostri cuori. Gli abbiamo raccontato le nostre speranze, i nostri sogni, i nostri desideri. Abbiamo lasciato quel luogo santo di preghiera con una mente soddisfatta. Eppure, il nostro Signore stava ancora aspettando con vivo desiderio di poter condividere quella comunione. Il nostro Signore ci dice: "Si, grazie per la tua lode. La accetto. Sono così felice che tu abbia voluto trovare il tempo di stare in comunione con Me. Ho ascoltato la tua richiesta e il Padre ti darà quello che il tuo cuore desidera. Ma ti prego, aspetta! Per favore rimani ancora un po'. Non andartene subito. Ho delle cose da dirti. Il mio cuore si strugge dal desiderio di aprirsi con te. Ho raccolto le tue lacrime, ho lenito la tua mente travagliata. Ora, permettiMi di parlare! Lascia che Io ti dica quello che è nel Mio cuore".

Il nostro Signore Gesù desidera parlarci. Egli vuole dirci cos'è che gli spezza il cuore nella nostra generazione. Egli vuole parlare a ogni figlio del piano meraviglioso che Egli ha per tutti quelli che credono in Lui - rivelando le Sue verità meravigliose; guida per noi e aiuto nel crescere i nostri figli; soluzioni ai nostri problemi; nuovi ministeri e opere per i perduti; parole specifiche sul lavoro, sulla casa, sul proprio compagno; verità riguardanti il cielo, l'inferno e le calamità che verranno. Più di tutto questo, Egli vuole parlarci di quanto ci ama e si cura dei Suoi.


Dimentichiamo Che Anche Lui Ha Una Necessità


 
Affinché non pensiate che la mia affermazione non sia scritturale, ascoltate le Sue parole. Ecco un meraviglioso sguardo nel cuore di Gesù stesso.

"Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? " (Luca 17,7.8).

Non ci è per nulla difficile identificarci con il servitore nel suo dovere verso il suo signore. Nessun dubbio nel dover indossare il grembiule e servire al Signore una tavola imbandita di lodi - un banchetto di adorazione. Amiamo nutrire il nostro Signore! Amiamo vedere che Egli si rallegra del nostro servizio e amore. Ci cingiamo, ci prepariamo e Lo serviamo con letizia. è la nostra gioia più grande, la nostra maggior soddisfazione - ministrare al Signore.

Ma abbiamo qualche difficoltà con l'ultima parte - quella del Signore. "Poi mangerai tu!" Questo è troppo da comprendere. Non sappiamo come sederci dopo averLo servito - per permettere a Lui la stessa gioia che abbiamo sperimentato nel servire Lui! Derubiamo il nostro Signore della gioia di ministrare a noi.

Pensiamo che il nostro Signore sia sufficientemente soddisfatto da quello che facciamo per Lui. Ma c'è molto altro. Il nostro Signore onora la nostra fede. Egli si rallegra quando ci ravvediamo. Egli parla al Padre di noi. Egli si rallegra nella nostra fede infantile. Gioisce nel darci riposo e pace e nell'adempiere tutte le Sue promesse per il nostro bene. Ma sono convinto che il Suo bisogno più grande sia avere una comunicazione personale con coloro che ha lasciati in terra. Non un solo angelo nei cieli può soddisfare quella necessità. Nessuno che abbia già lasciato il corpo può farlo. Gesù vuole parlare a coloro che sono sul campo di battaglia. Egli deve poter comunicare - interagire - con ogni Suo soldato su ogni fronte.

Dove ho trovato questa nozione sulla solitudine di Cristo e sul Suo disperato bisogno di parlarci? è tutto lì in quel meraviglioso racconto di quando Cristo apparve ai due discepoli sulla strada per Emmaus. Gesù era appena risorto. Lo stesso giorno, Cleopa e un altro discepolo stavano percorrendo la strada da Gerusalemme a Emmaus - una distanza di circa sei miglia e mezzo (circa 10 km, N.d.T.).

Gesù si avvicinò. Essi erano addolorati per la scomparsa del loro Signore. Nella loro disperazione, non Lo riconobbero. Per comprendere davvero il bisogno profondo del cuore del nostro Signore, guardiamoLo attentamente mentre cammina accanto a questi discepoli addolorati. Essi discutevano e ragionavano tra di loro.

Quanto deve essere stato solo Gesù. Egli voleva parlare; aveva così tanto da dirgli. E quando non poté più aspettare, Gesù smise di ascoltare e prese a parlare: "Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste;  uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».

Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui." (Luca 24,15,27).

Quei discepoli non avrebbero potuto vivere una esperienza più bella. Essi avevano ascoltato la Sua voce e si allontanarono dicendo: "Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». " (Luca 24,32). Ma dal momento che non abbiamo mai compreso i bisogni di Gesù, pensiamo solo alla gioia che sperimentarono quei discepoli. E la gioia di Gesù? Essi dissero che i loro cuori ardevano quando Egli parlava. Ma io vedo un Signore risorto, lacrime che rigano il Suo volto glorificato, percorrendo quella via polverosa con un cuore ricolmo di gioia. Era compiuto, il Suo bisogno era stato soddisfatto. Mentre il mondo aspettava, Gesù interruppe l'intero piano di redenzione per qualche ora - solo per parlare! Vedo Gesù pieno di gioia. Egli aveva ministrato loro. Nella Sua forma glorificata, Egli aveva provato la prima vera comunione con dei credenti, aveva aperto il Suo cuore. Anche il Suo bisogno era stato soddisfatto.

Dobbiamo PermetterGli di Parlarci

Oggi conosciamo così poco la Sua voce e il Suo desiderio di parlarci. Siamo troppo occupati con la Sua potenza per far caso alla Sua voce. Come Elia, il grande profeta, abbiamo più familiarità con le dimostrazioni di potenza che con il Suo sussurro.

Elia esercitava la potenza della preghiera. Egli sapeva far chiudere e far aprire i cieli. Invocava il fuoco dal cielo e divideva le acque con il suo mantello. Uomo di azione da cui dipendeva tutto il governo, salì sul Monte Carmel e si beffò dei profeti di Baal, uccidendoli proprio sotto il naso del re.

Quest'uomo potente di preghiera entrò davanti al trono di Dio sette volte, pregando sinceramente affinché venisse la pioggia. Sette volte Elia parlò con Dio di questo bisogno. Apparve una minuscola nuvola ed il profeta che 3 anni e mezzo prima aveva chiuso i cieli e aveva provocato una siccità terribile, ora apre i cieli e fa cadere una pioggia abbondante. Elia corse avanti al carro di Achab 16 miglia verso la residenza reale.

Elia era inondato dalla vittoria. Presto sarebbe venuto un grande risveglio spirituale. Era caduto il fuoco di Dio. Moltitudini di persone avevano visto quel miracolo. C'era stato un incredibile dispiegamento della potenza di Dio. Elia pensò: "Ora persino Iezebel si pentirà! Persino lei non potrà negare questi segni e prodigi. è giunto il momento di Dio per questa nazione".

Che shock che ebbe! Iezebel non fu per niente impressionata dai miracoli e dalla potenza. Anzi disse ad Elia: "Domani a quest'ora, ti ucciderò come hai ucciso i miei sacerdoti".

Ritroviamo questo grande uomo di potenza e d'azione - questo potente guerriero di preghiera - quest'operatore di miracoli - quest'uomo che invoca il fuoco dal Cielo - nascosto in una caverna a circa 100 chilometri di distanza dal Monte Horeb.

Che visione! Aveva trascorso quaranta giorni e quaranta notti scervellandosi a capire dov'è che aveva sbagliato. Era diventato preoccupato per i suoi problemi. I suoi occhi erano puntati su se stesso piuttosto che su Dio. Perciò Dio lo chiama: "Elia, cosa stai facendo qui - nascosto in una caverna?"

Con un soffio, Elia risponde: "Signore, la nazione sta cadendo a pezzi. Il governo è malvagio ed immorale. Il popolo si è allontanato da te, non crede più nemmeno nei miracoli. La società è impazzita. Il mio messaggio mi è stato rigettato in faccia. Non vogliono veramente farsi aiutare. Il diavolo tiene tutto sotto controllo - controlla tutti tranne che me. Sono l'unico che ti è rimasto fedele, Signore. Mi sto nascondendo per preservare almeno un santo".

Elia, un profeta di preghiera, era stato così impegnato per Dio, così impegnato a dimostrare la potenza di Dio, così impegnato a parlare del regno di Dio - da diventare un servo unilaterale. Aveva spesso parlato a Dio - ma aveva fatto ben poco per ascoltarlo. Se avesse ascoltato, avrebbe udito Dio dirgli che c'erano altri 7.000 santi che non si erano compromessi.

Abbiamo Bisogno di Imparare ad Ascoltare

Perciò Dio dovette insegnare a questo servo una lezione sull'ascoltare. Lo portò in cima al monte Horeb e gli diede un INSEGNAMENTO illustrato!

"Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?». " (1 Re 19,11-13).

Quando quel vento aveva iniziato a soffiare, penso che Elia abbia pensato fra sé e sé: "è giunto il momento, Signore. Soffia Iezebel dal suo trono - spazza lei e i suoi amici. Spazzali via! Mostra il tuo potere!" Ma Dio non era nel vento!

Improvvisamente, ci fu un grande terremoto - ed Elia disse: "Questo dovrebbe spaventarli! Dio riuscirà a farli scuotere dalle loro scarpe! Grazie, Signore. Stai vendicando il tuo servo". Ma Dio non era nel terremoto!

Dopo il terremoto, un fuoco! I cieli bruciavano con delle fiamme arroventate! Elia si disse: "Signore, non accettato il fuoco che è sceso sull'altare - bruciali! Brucia quel malvagio di Achab! Terrorizza Iezebel. Fa che il tuo fuoco consumi il malvagio. Dio, io so che sei in questo fuoco!" Ma Dio non era nel fuoco!

"… . Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero." (1 Re 19,12).

Potete immaginare cosa accadde in seguito? Un profeta che non aveva avuto paura di un tornado, che non si era spaventato con un terremoto, che non aveva battuto ciglio davanti ai fuochi d'artificio divini - viene assolutamente spaventato da una piccola vocina TRASPORTATA DA UN VENTO LEGGERO. " Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?»." (verso 13).

Elia si coprì il capo col mantello! Perché? Questo profeta non aveva parlato con Dio molte volte? Non era stato davanti al trono sette volte sul Monte Carmel? Non era un grande uomo di preghiera? Dio non lo aveva usato potentemente? Si! Ma Elia non era abituato a quella vocina!

E quando Elia alla fine permise a quella voce di parlare - da solo, quietamente, lontano da ogni esibizione di potenza - ricevette le direttive più specifiche di tutto il suo ministero per Dio.

" Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazaèl come re di Aram. 16Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re di Israele e ungerai Eliseo figlio di Safàt, di Abel-Mecola, come profeta al tuo posto. " (1 Re 19,15.16).

Quanti figli di Dio molto, molto impegnati oggi non hanno mai udito questa voce? Sono così impegnati a testimoniare - a fare del bene - a pregare per un risveglio spirituale nel paese - a digiunare - sono così sinceri, così dedicati, così intensi. Eppure, hanno udito tutto tranne che la voce del Signore.



Qualcosa di Molto Migliore Della Pentecoste



Giovanni il Battista non godé la Pentecoste! Non vide alcuna lingua di fuoco. Non udì il soffio potente del vento. Non vide Gerusalemme scossa e migliaia di persone convertite. Ma Giovanni disse che la sua gioia era completa! Aveva udito qualcosa di molto migliore del vento ruggente - migliore delle buone notizie - migliore del suono di una sposa festante. Aveva udito la voce del Salvatore.

" Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. " (Giovanni 3,29).

Giovanni gustò la più grande gioia che un seguace di Gesù possa mai conoscere. Egli disse: "Ho aspettato e Lo udito parlarmi. La sua voce ha fatto sobbalzare il mio cuore. Mi ha parlato personalmente. Io ho ascoltato il mio Signore. E questa è la mia gioia. Soltanto udire la Sua voce".

Giovanni poteva dire: "O sì, l'ho amato. Ho adorato ai Suoi piedi. Gli ho detto quanto fossi indegno. Ma la mia gioia non è stata parlargli, quanto piuttosto udirlo parlare. Lui mi ha parlato. Ho udito la Sua voce, e ho gioito soltanto nell'udire quel suono".

Alcuni insegnano che il Signore non parla più agli uomini - tranne che mediante la Parola rivelata. Non credono che gli uomini possano essere guidati e benedetti dall'udire quella piccola voce.

Gesù diceva: "Le mie pecore conoscono la Mia voce; ascoltano quando le chiamo ... e non danno ascolto ad un'altra voce". Ma oggi abbiamo paura di tutti gli abusi, abbiamo paura di ricevere rivelazioni contrarie alla Parola di Dio nelle scritture. Ma tutti gli abusi non avvengono per colpa di Dio. Ogni visione menzognera, ogni falsa profezia, ogni falsa guida sono il risultato diretto dell'orgoglio e della ribellione umana. Gli uomini abusano e violentano ogni dono di Dio. Nonostante ciò, il Signore continua a parlare direttamente ai cuori di coloro che sono disposti ad ascoltare.

" Dio, che aveva gia parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio..." (Ebrei 1,1,2).

" Per questo, come dice lo Spirito Santo: Oggi, se udite la sua voce non indurite i vostri cuori..." (Ebrei 3,7).



Oggi Possiamo Udire la Sua Voce


Milioni di persone si sono convertite perché qualcuno aspettò di udire la Sua voce. Saulo "cadde a terra ed udì quella voce". E quando divenne Paolo, continuò ad ascoltare quella voce. Il Signore gli parlava faccia a faccia. Egli conosceva la voce del suo Pastore.

Pietro permise alla voce del Salvatore di parlargli.

" Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. (Atti 10,9).

Tutta la razza dei Gentili fu accolta nel regno, insieme alla famiglia di Cornelio, soltanto perché un uomo ubbidì ad una voce. Stiamo vivendo nello stesso periodo del Nuovo Testamento in cui vissero Paolo e Pietro. Anche noi dobbiamo permettere alla Sua voce di parlarci. "Ma oggi, se udite la Sua voce.." Cosa potrebbe fare Dio con i Cristiani che imparano ad ascoltare dal Cielo!

Invece di aspettare che la Sua voce ci parli, corriamo da consiglieri, psicologi cristiani; corriamo da un seminario all'altro, leggiamo libri, ascoltiamo cassette - vogliamo udire da Dio. Vogliamo una chiara parola di guida per le nostre vite! Cerchiamo pastori che ci indichino ogni piccolo movimento. Vogliamo che i pastori ci dicano ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Vogliamo un leader da seguire, un diagramma per il futuro. Ma pochi sanno come andare al Signore ed udire la Sua voce. Ci sono molti che sanno come attirare l'attenzione di Dio - per toccare veramente Dio, ma non sanno di come Dio possa raggiungerli.

"Chi ha orecchi per udire oda" (Matteo 11,15).

Dio vuole scuotere ancora una volta la terra. Tutto l'universo è pronto per le convulsioni dello Spirito Santo!

" Guardatevi perciò di non rifiutare Colui che parla; perché se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che promulgava decreti sulla terra, molto meno lo troveremo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli. 26La sua voce infatti un giorno scosse la terra; adesso invece ha fatto questa promessa: Ancora una volta io scuoterò non solo la terra, ma anche il cielo. " (Ebrei 12,25.26).

Lui ha promesso: "Ancora una volta udirete la Mia voce. Coloro che odono scuoteranno la terra. Cielo e terra saranno sconvolti. Udendo la Mia voce, qualsiasi cosa sarà sciolta sulla terra, lo sarà anche nei cieli".

All'ultima chiesa, quella di Laodicea, il Signore grida: " Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me." (Apocalisse 3,20).

Questo è l'ultimo appello di Cristo alla chiesa. Verrà uno spirito di torpore. La lussuria condurrà alla tiepidezza! Moltitudini diverranno sempre più fredde. Ma popolo mio, "vi chiedo di darmi ascolto. Aprite. Lasciatemi entrare nel vostro segreto. Lasciate che vi parli e parlatemi. Abbiamo comunione. Soltanto così potrò preservarvi dalla tentazione che sta per giungere su tutto il mondo".

Giovanni, nella sua rivelazione, parla di un giorno in cui il cuore del nostro Signore non sarà più solo.

" Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.Udii allora una voce potente che usciva dal trono:

«Ecco la dimora di Dio con gli uomini! 
Egli dimorerà tra di loro
 
ed essi saranno suo popolo
 
ed egli sarà il "Dio-con-loro".
 
E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
 
non ci sarà più la morte,
 
né lutto, né lamento, né affanno,
 
perché le cose di prima sono passate».

E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci.

Ecco sono compiute! 
Io sono l'Alfa e l'Omega,
 
il Principio e la Fine.
 
A colui che ha sete
 darò gratuitamente 
acqua della fonte
 della vita. " (Apocalisse 21,2-6).

Questo significa una piena e libera comunione senza muro di partizione; un colloquio faccia a faccia, senza occhiali scuri, senza conoscenza parziale. Pensate a quanto potrà essere glorioso trascorrere l'eternità lodando il nostro Signore faccia a faccia, inchinandoci davanti a Lui. Ma avete mai cercato di realizzare cosa significherà per il nostro Salvatore? Avrà tutti i Suoi figli con Sé - e sarà libero di condividere la Sua vera essenza. Ci farà tutti sedere, e dal Suo intimo essere farà scorrere fiumi di verità gloriose. Come fece sulla strada di Emmaus, il nostro Redentore inizierà con Mosè e ci condurrà attraverso tutti i profeti. Condividerà con noi i segreti dell'universo. Egli ci spiegherà ogni suo piano. Ogni nuvola di tenebre sarà dissipata. Cristo condividerà tutta l'eternità!

Vedo che la vera gioia del Cielo non sarà soltanto nostra, ma la Sua. La nostra gioia sarà quella di contemplare la Sua gioia mentre ci parlerà - mentre lo vedremo faccia a faccia. La nostra più grande gioia in Cielo sarà quella di vedere Cristo in tutta la Sua pienezza - di vedere realizzato il Suo bisogno.